LA FORTUNA DI PRATICARE il BJJ
Riccardo"Riccardone"Casini è un atleta del Centurion; si allena presso la nostra sede di Pontassieve
Salve,
mi presento: sono Riccardo Casini.
Pratico il Jiu Jitsu Brasiliano da
circa un anno e mezzo nelle fila del Team
Centurion diretto da Mario Puccioni.
Mi sono avvicinato a questa disciplina quasi per caso, in un momento molto
difficile della mia vita. Grazie alla perseveranza e alla fiducia trasmessami
da Mario e da Francesco Braccini, mio istruttore della zona Fiesole-Pontassieve, ho avuto a disposizione i mezzi necessari per
la mia crescita personale, sia fisica sia, soprattutto, caratteriale. Andiamo
nel dettaglio di questa storia, la mia storia.
Fino
ad aprile 2009 ero un assiduo giocatore di pallacanestro che ebbe l’apparente
grande opportunità (nella stagione sportiva 2008-2009) di partecipare a un
campionato regionale impegnativo come membro di una squadra fiorentina che, ai
quei tempi, andava per la maggiore. Nonostante
l’impegno profuso negli allenamenti, non ho mai avuto l’occasione di mostrare
le mie qualità agonistiche in campo. Non so perché si creò una situazione
del genere, forse vi era un’ incompatibilità di visioni fra me e l’allenatore,
forse non esisteva un’adeguata fiducia fra me e i compagni, nonostante un buon
rapporto di amicizia che si era venuto a formare: fatto sta che alla fine fui
messo fuori rosa per motivi disciplinari.
Esatto: fui messo fuori rosa perché non detti la mia disponibilità per tutti i match,
in parte per motivi di studio e in parte per aver dovuto partecipare a un
appuntamento importante della mia famiglia, evento di cui la direzione della squadra era stata
messa a conoscenza già diverso tempo prima. Sia chiaro: feci queste scelte,
giuste o sbagliate che siano, perché mi
sentivo trascurato dalla squadra, raramente vedevo il campo e non pensavo
assolutamente che il mio atteggiamento danneggiasse così l’ambiente della
squadra. Fossi stato un giocatore importante mi sarei organizzato meglio,
cercando di non creare mai situazioni di conflitto dove andavo. Ho la netta
sensazione che la mia umiltà sia stata recepita, non so perché, dalla squadra
come un atto di arroganza e mancanza di rispetto nei loro confronti.
Trascorsi
quindi un periodo non felice, e ciò non fu dovuto all’esclusione dalla rosa ma
al fatto che avevo disatteso, deludendole, le aspettative delle persone che mi
sostenevano, in primis la mia famiglia. Non dico che la mia vita si trovasse in
un vicolo cieco, consapevole com’ero del fatto che mi sarei levato delle
personali soddisfazioni d’atro tipo proseguendo negli studi di Ingegneria Meccanica. E’ però vero che
dentro di me sentivo di non essere in pace con me stesso, che avevo tutte le
ragioni per difendere le mie idee e le mie scelte nonostante la situazione
avversa che si era creata e i giudizi che avevo subito a seguito di questa
esclusione.
Fortunatamente,
un mese circa prima del fattaccio ebbi la possibilità di cominciare a frequentare
il gruppo di Francesco. Seguendo il
consiglio di mio padre che lo conosceva di persona, decisi di partecipare ai
suoi corsi più che altro all’inizio con l’obiettivo di svolgere degli esercizi
che mi servissero per migliorare la mia elasticità muscolare, visto che mi
sentivo un po’ “legnoso”. Sono onesto: alle prime non capivo quanto potesse
essere utile praticare il BJJ aldilà
del contesto sportivo, anche se devo dire l’ambiente che frequentavo era sicuramente
più rilassante e più socializzante di quello che percepivo negli spogliatoi
della squadra di pallacanestro, il che sicuramente fece bene al mio animo che
riacquistò quella serenità di cui avevo bisogno.
Dopo
un’altra stagione sportiva avara di soddisfazioni (nel frattempo ero iscritto nell’ultimo
campionato organizzato in Toscana), decisi di lasciare la Pallacanestro, concentrandomi unicamente sul BJJ. Mi resi conto che non avrei mai avuto la possibilità di dare
il mio contributo in qualunque ruolo alla causa cestistica fiorentina. Optai
tale scelta con schiettezza, pensando che, chiusa una porta, si potesse aprire
un portone tramite il quale avrei vissuto nuove esperienze interessanti. Ebbi
così l’occasione di conoscere bene l’Arte
Suave partecipando con maggiore intensità agli allenamenti, frequentando i
vari seminari in cui il Team Centurion
era direttamente coinvolto e gareggiando
con buoni risultati ad alcuni tornei disseminati in tutt’ Italia, e così cominciai ad apprendere quali implicazioni il BJJ poteva avere nella mia vita,
interiore e sociale.
Mi resi conto che tale disciplina mi poteva fornire di
quei mezzi che mi servivano per affrontare con serenità le difficoltà che mi si
paravano davanti nel corso della mia vita, e particolarmente darmi:
- Disciplina
- Autostima
- Consapevolezza di sé
- Salute fisica e psicologica
- Spirito di sacrificio
- Sportività
- Rispetto nei confronti degli altri
- ultimo della lista ma non per
importanza, Amicizia
Tutte
queste caratteristiche le riscontrai ogni qualvolta ero partecipe di un evento agonistico
nel quale era richiesto di indossare il GI. In particolar modo rimasi
particolarmente stupito, nei tornei, dell’atteggiamento sportivo che ciascun
lottatore mostrava all’avversario e il pubblico nei loro confronti. Mai una
discussione sul tatami a fine combattimento, mai che il pubblico esprimesse
linguaggi volgari nei confronti dei lottatori o dell’arbitro; al massimo,
qualche contenuto chiarimento fra l’arbitro e un lottatore e il suo team, e che veniva subito pacificamente risolto.
Sui parquet del Basket invece capitava
continuamente che un giocatore sfogasse
le proprie frustrazioni insultando l’arbitro e gli avversari, dando origine a
risse o a comportamenti che non si possono classificare confacenti all’etica
sportiva. Anche il pubblico faceva la sua parte, insultando il direttore di
gara ritenuto incompetente, i giocatori provocatori e quelli che sapevano
giocare fin troppo bene per il loro orgoglio cieco. Grande
la discrepanza anche negli allenamenti: nel BJJ
gli istruttori svolgono il compito di costruire l’atleta cominciando dalla
formazione dell’uomo e delle sue migliori qualità, riprendendolo quando serve ma
con un atteggiamento al contempo deciso e pacato. Prima, tra i cestisti, appena
compivo un errore, anche banale, si poteva sentire la voce dell’allenatore che
rimbombava per tutta la palestra con un tono quasi animalesco, incontrollato.
La differenza è abissale; Mario ci
ripete sempre: “Il Jiu Jitsu NON è uno
sport! Il Jiu Jitsu è un’arte, un'arte marziale che ha anche un aspetto agonistico.”
Queste
esperienze fecero sì non solo che io uscissi definitivamente da quel periodo
critico, che scoprissi anche una nuova parte di me, una che non avevo mai
conosciuto e con la quale, penso, l’attuale società abbia di fatto proibito che
io venissi a contatto, con ciò impendendomi di maturare in linea con la mia età
e di vivere certe esperienze genuine come l’amicizia e l’amore. Ho l’impressione
che i canoni di questa nostra società contemporanea impediscano ai giovani di
crescere con un marcato senso di responsabilità delle loro azioni e relative conseguenze su di sé e sugli altri, e
pertanto li costringe a cercare di aggirarli con infantilità mediante
soluzioni ad effetto placebo (per intendersi: alcool, droga, ma anche la
malnutrizione, l’abuso di internet e tutte le devianze che il mercato offre e in
cui la gioventù casca ingenuamente). Questa mancanza fa sì che un ragazzo si
privi di certe esperienze formative e fondamentali, non avendo la possibilità
di arricchirsi nello spirito e di apprezzare la vita con le sue croci e le sue delizie.
Si tende a dare l’impressione di “proteggere“ i giovani dagli errori che
subiscono a causa delle scelte sbagliate rendendoli invece sganciati dalla
realtà, ma io ritengo che anche le sconfitte, così come le vittorie, siano
parte integrante e necessaria della formazione caratteriale di un adulto
autonomo, purché egli se ne assuma la responsabilità. Ho meditato queste
riflessioni anche ripensando al mio passato, ad alcune situazioni che avrei
potuto gestire meglio se solo io le avessi affrontate con maggiore senso di responsabilità,
dote che non è insita nell’essere umano, ma che va insegnata con adeguati
strumenti di crescita da parte di una società sana, basata sui quei principi
che ho riscontrato unicamente nel BJJ,
anche se ipotizzo che essi per logica possano essere riscontrabili in altre
arti marziali realistiche. Qual è allora la differenza fra il BJJ e le altre arti da combattimento
reale? Secondo me è nel fatto che esso può essere praticato da chiunque (ve lo
dico dal pulpito della diretta testimonianza), anche da chi all’apparenza
sembra di non possedere adeguati requisiti fisici per affrontare uno sport da
combattimento.
Devo
dire che all’inizio non mi sarei mai aspettato che il BJJ mi portasse a fare questo salto evolutivo sotto l’aspetto
caratteriale. L’aver conosciuto un’arte marziale così formativa mi dà la
possibilità di affrontare con ottimismo le gioie e i problemi che si
presenteranno nel percorso della mia vita. Non so cosa mi riserverà il futuro,
ma sono altresì certo che non ci sia vita migliore se non quella affrontata con
la sicurezza in sé e con il cuore in pace per tutte le scelte che si opererà,
anche se dovessero far storcere il naso a qualcuno.
Voglio concludere questo articolo citando
una frase del compianto fondatore della Apple,
Steve Jobs, che la pronunciò nel
corso della cerimonia di consegna della laurea ad alcuni studenti dell’Università di Stanford, nel 2005.
“Il nostro tempo è limitato, per cui
non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci
intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero
di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la
nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il
coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo,
essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.
Marziali
Saluti,
Riccardo Casini