venerdì, dicembre 23, 2011




EX OCCIDENTE LUX 




"Salve Mario,

sono un giovane insegnante di Karate a contatto pieno e mi permetto di scriverti perchè è da molto tempo che seguo il tuo blog e adoro le tue riflessioni. In particolar modo a differenza di tanti miei colleghi adoro uno studio del combattimento che porti non solo ad un'acquisizione completa della dinamica tecnica ma che sfoci in una pratica che possa anche scavare nel profondo delle persone, il cosiddetto Do, sul quale non mi dilungo perchè so il BJJ essere un po' estraneo a certe visioni.

Il succo del messaggio però è questo, dopo anni di Karate (sono ventenne e ho 7 anni di pratica alle spalle) correlata da brevi esperienze in molti campi delle arti marziali mi sono reso conto che, se parliamo di difesa personale, molte discipline non reggono il termine, in quanto, io credo, inevitabilmente per strada il rischio di cadere a terra è reale per non dire assoluto, soprattutto quando lo scontro è uno contro molti. Certo non sono un fanatico di film alla Brucee Lee né tantomeno sono un professore in stile Jigoro Kano, sono solo un ragazzo che unisce la passione al realismo e nonostante il fatto che nel mio dojo il primo obiettivo è divertirsi è giusto anche che si acquisisca qualcosa di utile. Per cui mi son fatto questa domanda : "Ma un Karateka a terra che fa?"  Dopo diverse esperienze e dialoghi ho avuto la risposta: NIENTE! Semplicemente soccombe perchè entra in una dinamica che non conosce. Il Karate dona ai praticanti molte armi interessanti, che se usate nei punti giusti possono sicuramente "ammorbidire" un avversario convinto. Ma se questo ipotetico avversario è più grosso è robusto di me e incazzato nero e mi carica come un toro che faccio? Troppi insegnanti mi hanno spappolato tecniche strane del tipo "..quando ti carica colpisci qui e qui e poi lui cade prima che ti atterri...". Si, quando la carica è fatta a rallentatore e con poca energia allora è vero, posso fare tutto, posso anche volargli sopra, ma quando l'oppositore si mette realmente in testa di buttarti giù beh, ci sono dei punti che vanno analizzati:

1) Non te lo aspetti il 99% delle volte
2) Se è più grosso di te e hai la fortuna di colpirlo potrai fargli male ma la carica continua anche per una questione di peso e gravità, indi per cui finisci a terra
3) Il tempo di reazione è limitato e non essendo un terminator non hai il tempo di reagire adeguatamente anche prevedendolo in tempo.

Ecco cosa è successo nel mio dojo dopo tanti interrogativi. I colpi del Karate portati dalle posizioni di lotta a terra. Si tutti quegli atemi portati e studiati dalla posizione a terra. Nessuno si chiede mai : "Perché nel Karate il pugno si porta sotto l'ascella per caricare?" Non tutti sanno che quello non è un caricamento bensì è uno strattonamento dell'avversario con torsione della parte interessata generalmente il braccio che possa esporre lo stesso ad un attacco più efficace.

Se questo concetto venisse applicato (come succede in TUTTE le scuole di karate) in piedi (e dico venisse perchè pochi sanno il significato del gesto) ne risulterebbe un'esposizione massima ai colpi, ma se questo concetto viene applicato nella lotta a terra dove comunque per forza di cose la distanza è ravvicinata allora comincia ad avere un senso concreto. Non so se mi spiego ma se io ho un avversario sopra e tiro via il suo braccio con il caricamento tipico del Karate io rimarrei scoperto ma lui più di me e potrei attuare un colpo non definitivo ma sicuramente più veritiero ed efficace. Essendo legato profondamente alla filosofia nipponica ho studiato le parti della lotta a terra del Judo e ho cominciato ad applicare questo concetto e ne è risultato uno studio più divertente, più concreto e forse più reale. Certo non sto dicendo di aver rivoluzionato il Karate o il Judo o addirittura la lotta a terra, solo che mi sono posto delle domande e ho cercato delle risposte che potessero soddisfarmi. Io non sono quello che si sente arrivato, che si dichiara il miglior maestro o ha il curriculum del campione, si intenda bene, io non sono proprio nessuno, sono un semplice, giovane e inesperto praticante che ha voglia di vivere il Karate in maniera diversa. Certo non seguirò i canoni tradizionali ma seppur rispettando enormemente i vecchi maestri sento il bisogno di una ricerca, di una evoluzione e non di meno la lotta è sicuramente un modo per divertirsi e imparare un metodo che non uccida l'avversario, dato che al giorno d'oggi una parola di troppo ti spiana le porte del carcere, oltre poi ad uno studio realistico degli atemi nei punti giusti.

Ho visto e provato sistemi di difesa personale "certficati" per donne, uomini, vecchi, bambini ma tutti hanno una cosa in comune non sono reali, sono nulla di più che la formazione di una crosta di autostima che alla prima vera situazione si frantuma lasciando ancora più sensibili i soggetti che avevano creduto in quello che facevano. E io dico alla mia ragazza :"Che c'è di più efficace in uno stupro se non quello di riuscire a ribaltare la posizione e piazzare un bel pugno nelle palle?". La realtà non è un round di 5 min. ma una questione di attimi e di freddezza mentale. Ho visto il krav maga e l'ho provato, spero vivamente che ai militari non insegnino questa roba perchè perderemmo tutte le guerre, le cose efficaci sono semplici, magari ho sbagliato corso ma mi son chiesto :"Che cavolo me ne faccio di imparare microleve se prima non so applicare quelle alle grandi articolazioni?". Io non ce l'ho con nessuno, l'importante è saper gestire le proprie conoscenze e gestirle nella maniera opportuna, non accetto chi vende la difesa personale costringendola ad un microcorso inutile, quando qualcuno mi chiede cosa fai nel tuo dojo io rispondo : "Io insegno a divertirsi e a scaricare la tensione, se qualcuno trova uno spunto per la vita reale ne sono felice, ma il mio obiettivo è solo quello di far nascere un sorriso di felicità; non sono nessuno e se qualcuno ha delle critiche sono pronto ad accetarle perchè ho ancora molto da imparare e devo crescere esponenzialmente."

Ho conosciuto pochi tradizionalisti che erano davvero efficaci e avevano tutti una cosa in comune non si sono spacciati mai come tali, facendo dell'umiltà e la riservatezza la propria dote, a differenza di quelli coi grandi palmares che al massimo si sono rivelati dei buoni tecnici. Ma in strada, nel mondo cattivo, brutto e violento c'è una sola cosa che conta davvero, la sicurezza in se stessi e il riconoscimento dei propri limiti e non è una cosa che si può trasmettere in poche lezioni ma solo con assidua pratica e una certa disciplina. Come disse un famoso maestro americano : il Karate non insegna a combattere ma a scappare, non c'è onore non c'è gloria, quando c'è una via di fuga prendila ogni colpo che potrai tirare non deve essere per far male a qualcuno ma per creare un varco per fuggire.

Io condivido e la lotta non solo mi aiuta a creare un varco ma mi permette una pratica vera, senza troppi rischi di infortunio e che mi aiuta ad acquisire la conoscenza del mio corpo e dei miei limiti oltre alla fisicità di chi mi sta sopra o sotto. Come può una donna gestire uno stupro o un ragazzo gestire un peso sopra di lui se non lo ha mai provato? Non può, ci vuole realismo, realismo marziale ;)

Ti ho scritto perchè volevo un parere sincero da una persona la quale il Jiu Jitsu brasiliano lo sente davvero, insomma cosa ne pensi di questo approccio? Leggendo il blog ho capito che anche tu eri alla ricerca di qualcosa di efficace. Ripeto di nuovo, posso saper scrivere o parlare ma questo non significa che io sia qualcuno, io studio e cerco di trasmettere qualcosa, non sono il tipo da rissa o da botte per forza, non sono quello che difende il suo onore o quello della scuola, sono quello che nella sua ignoranza totale cerca di capire qualcosa. Ormai non esistono più tecniche segrete o colpi fatali, nel maledetto mondo globalizzato, dove tutti sanno tutto e tutti posso accedere ad ogni tipo di conoscenza (marziale) l'unica cosa su cui si può puntare è la strategia, adesso l'unica differenza tra le discipline e tra i lottatori è la strategia, diventare uno stratega vuol dire vincere, mai più di oggi Sun Tzu con la sua "arte della guerra" ci può essere d'aiuto e con strategia intendo anche il fatto di riuscire a far desistere qualcuno dal combattere che come dice il saggio vale più di 100 vittorie.

OSU Sensei Mario

Grazie della considerazione,
Simone V."


Prendo spunto dalla estesa lettera del simpatico giovanotto Simone (che ringrazio) per collegarmi virtualmente a tutti quei lettori che -potenzialmente- condividono questo tipo di ricerca.

Un ragazzo animato da questa passione sinceramente mi fa tanto piacere, e non vorrei suonare come l'anziano cinico che gode a guastare la doverosa irruenza di chi ha la metà dei suoi anni, sarebbe odioso. Dirò soltanto a Simone di rileggersi gli archivi del blog, che ho trattato con precisione tutte le sue questioni e analizzato gli stili che descrive, punto per punto.

Purtroppo per lui le tecniche dei kata di Karate non hanno nessuna applicazione nella lotta reale, e vederci una fantomatica applicazione nel gioco a terra è solo illusione, mi dispiace deluderlo. Il discorso del caricamento non cambia nulla, sorry man!

Ciò che mi aggrada maggiormente della mail di Simone è una notevole indipendenza di giudizio. E' giovane ma parecchi concetti veicolati qui su Realismo Marziale li ha compresi, il ragazzo si pone delle domande e cerca delle risposte senza dare credito ai soloni-panzoni del tradizionaloidismo fossile. Diciamo che quindi approvo il suo approccio e lo invito a lasciare la barca sulla riva, una volta attraversato il fiume. Siccome è interessato al combattimento reale e s'informa a puntino, il giovane SA cosa deve fare, solo che ancora gli manca di fare il passo, ma al momento giusto lo farà: il minestrone con un po' di questo e quello NON solo non serve a nulla ma anzi, è deleterio. Una sana ricerca lo porterà a soppesare i pro e i contro del praticare arti specializzate vs. sintesi moderne che vogliono salvare capra e cavoli (senza speranza alcuna di riuscirci). 

Caro Simone, solo lo studio sistematico della discipline funzionali, tramite palestre specializzate e istruttori professionali, può insegnare a combattere nel migliore dei modi. Quali queste 4 discipline, o meglio modalità, siano è stato detto tantissime volte da me, ed è ormai un fatto assodato. E' normale e anzi ammirevole quel furor da scienziato marziale che ti anima, ma il mio compito di navigato educatore non è quello di farti solo apprezzamenti ma anche indicarti le falle: nel 2012 nel mondo SI SA cosa funziona e cosa no, e dunque sta a te dirigerti dove bisogna andare. In sintesi: l'approccio mentale e caratteriale mi piace, Simone, mentre le tue scelte tecniche devono essere evolute, ma questo già lo sai, vero..?

Amico mio, non è vero che il concetto di Via (Do nipponico) sia estraneo al BJJ, tutto il contrario. La nostra Via procede dalla luce di Marte, e la percorriamo da migliaia di anni prima che i soldati di Alessandro Magno portassero le arti marziali del Mediterraneo in India, da cui poi passarono nell'Asia orientale. I nostri antenati codificarono la sacralità del combattimento intere ere prima che i nobili Samurai nascessero, sia detto con il massimo rispetto per i giapponesi ma per la precisione. Le MMA, la summa della tecnica di combattimento, veniva praticata col massimo della spiritualità e dell'efficacia prima che Roma nascesse: il Pancrazio, e altrettanto le 4 modalità figlie/genitrici dello stesso:

1) Pugilatus --> Boxe
2) Pigmakìa --> Kickboxing
3) Orthepale --> Wrestling
4) Pale --> Brazilian Jiu Jitsu

OSU giovine, e OSU diletti lettori.




venerdì, dicembre 16, 2011



IL VERO SAMURAI BIANCO
PRIMA DEI GRACIE E DI TOM CRUISE


Chi tra i marzialofili non si è gasato nel vedere l'holliwodiano "Ultimo samurai"? Persino il pisserissimo Tom scintilla, insomma un filmone. 

Un qualcosa di struggente ci intrappola seguendo la trama, l'irresistibile fascino di una civiltà basata sull'onore, sulla spada e sul Jiu Jitsu. I buoni sono coraggiosi, virili e preferiscono la morte al disonore. Ah il Giappone feudale, sospirano i più esterofili (di solito fossiliani kataisti fanatici), SOLO LORO sapevano combattere..!

Errore! La storia non è del tutto inventata, si tratta della fusione della rivolta del nobile Saigo Sakamori e della sua cavalcata suicida contro le mitragliatrici con l'incredibile vicenda del più pertinace difensore dell'antico ordine samurai: un guerriero..europeo.

L'ultimo samurai in verità si chiamava Jules Brunet e si oppose alla fazione imperiale (riformatrice e occidentalista). Giunto a capo di una missione militare inviata da Napoleone III, l'ufficiale si innamorò della cultura nipponica e delle sue discipline marziali e al momento del 'tradimento' del sovrano Meiji, abbandonò l'armee e si unì ai difensori dell'antico ordine sotto la bandiera evanescente dello shogun

Brunet con un manipolo di arditi franzosi organizzò dei corpi speciali efficacissimi, e dalla zona della capitale li transitarono a settentrione dell'arcipelago. Riuscirono in dei colpi di mano incredibili, fino a guidare la secessione di Hokkaido e la creazione di una repubblica indipendente nell'isola settentrionale. 

Gli imperiali sbarcarono un esercito enorme per la reconquista e i franco-nipponici, soli contro tutti, combatterono fino all'ultimo; naturalmente persero quando finirono 100 vs 1. Jules Brunet salvò la ghirba per un pelo e rientrò in patria, dove fu accolto nuovamente nell'esercito e si congedò col grado di generale; oggi a casa sua nessuno sa chi fu.

Questa affascinante storia, parecchio più emozionante della trama del film, ci riporta a un'epoca in cui guerrieri europei -moderni ma ancora solidi- e asiatici -in crisi ma ancora solidi- si scambiarono maestria nel campo del combattimento e mantennero vivo lo spirito del confronto mortifero et onorevole. Sui fili delle missioni internazionali viaggiò anche l'arte marziale e coi cacciatorpedinieri sbarcò in Occidente anche l'arte suave.

Onore a lei, monsieur general Brunet e OSU.








martedì, dicembre 06, 2011



IL SIGNIFICATO DI UNA PRATICA

"Marte rappresenta la forza di volontà, la forza fisica, la forza d'animo, la determinazione; è la vitalità e l'energia del fuoco. Marte è il coraggio, l'audacia, l'osare, la decisione e la reattività. Marte è il fervore guerriero. E' il fuoco naturale dei guerrieri. E' marziano l'eroismo, lo slancio eroico, la fedeltà all'ideale e al dovere. E' marziana la via del guerriero che si lega al principio della custodia, della difesa della Legge. Marte è desiderio, attività, dinamismo, proiezione verso l'esterno, impulso, slancio vitale."

(M°Stefano"Raspa"Raspadori)


Per capire che tipo di frutti darà un albero si deve studiare la pianta. Il valore della pianta poi sarà giudicato dai frutti.

Le arti davvero marziali o realistiche come il Jiu Jitsu si distinguono da quelle fuorvianti o fossili tanto quanto una pesca si distingue da una ghianda. E' del tutto ininfluente cosa di ciò sostenga colui al quale la pesca non aggradi, che non l'abbia mai assaggiata o, nella sua totale ignoranza, dubiti che le pesche esistano.

Le pesche sono pesche, le mele mele e le ghiande ghiande. E' un semplice dato di fatto, che a chi le mele le ha mangiate apparirà un ovvietà, come che diversi tipi di frutti abbiano diversi tipi di uso e siano in diversa misura utili all'umanità. Ulteriore chiarimento: se qualcheduno preferisce ingollarsi una ghianda ciò non conta una ceppa, resta una ghiandazza e basta. 

Le arti davvero marziali sono solo&soltanto quelle che possiedono e di conseguenza donano le qualità marziali illustrate all'inizio. Ciò che nulla a che vedere con il Numen MARS come potrebbero essere marziali? Siano chiamate con altro nome, si smetta di fare confusione e di imbrogliare le carte. Il Dio della Legittima Difesa, Custos in latino, NON è il dio della guerra né il dio dei kata e nemmeno il patron degli sciroccati che sognano di buttare giù gli avversari con l'energia cosmica.

Poi salta fuori pincopalla che di latino non sa leggere nemmeno quello dei Baci Perugina, l'altro che va in palestra perché alla bocciofila si annoiava, il bimbominkia che sogna di picchiare i compagni di scuola bulli e il panzone iperinsulinico che ha il maestro illuminato, lui. Per loro tutto è relativo, le arti sono tutte buone dipende dall'individuo, in strada non ci sono regole ma solo semafori, il loro antenato cinese uccideva i draghi col Chi etc etc.

"Non ti curar di loro ma guarda e passa" insegnava Padre Dante. Il parere non qualificato di chi non sa di cosa parla ed è incapace di difendere coi fatti le sue argomentazioni vale ZERO spaccato. Il pianeta terra è sempre stato ammorbato di siffatti bipedi semicoscienti o in malissima fede, l'unica maniera è fregarsene altamente del loro blaterìo. Non si tratta di arroganza ma è del tutto assurdo ascoltare il parere sulle pesche di colui che non le ha mai nemmeno annusate.


Una pratica marziale dunque è una pratica nel segno di Marte, che in questo paradigma s'identifica e che da esso trae linfa. Marziale, virile, fedele..parole antiche oramai traviate nel significato e prostituite ai loro porci comodi da individui senza scrupoli. Non per tutti però, qualcuno ricorda ancora oggi.

La Via di Marte è la via di chi diventa forte per poter difendere tutto e tutti, e difendersi da tutto e da tutti, non solo dai cazzotti. E' un percorso evolutivo della persona nella sua integralità e come ogni sentiero richiede di conoscere
1) dove si va
2) da dove si è preso la strada


Analfabeti di prima e di ritorno, maniaci depressivi alla ricerca del guru infallibile, mezzuomini con disperato bisogno di autoaffermazione nelle uniformi e nei gradi, ballerini frus intrigati dalla danza moderna e piccoli maghi neri senza anima NON possono né MAI potranno percorrere questa via. Come ho spiegato a più riprese, non è impossibile usare un sofisticato strumento scientifico per schiacciare le noci, non è vietato; parimenti non è impossibile usare e magari trarre qualche beneficio superficiale da una pratica ignorante e priva di Spirito, ma è uno spreco immane ed una cafonata assurda. In soldoni anche questo post è un invito caldissimo a ricercare le nostre origini, marziali ma non solo, e capire il valore di quello che si ha tra le mani tramite una presa di coscienza molto netta. 


Nel mezzo del cammino s'incontra sempre una selva oscura di dubbi, di sviamenti, di canagliate alle spalle e di passi falsi, ma bisogna procedere con marziale qualità cioè il coraggio, per tornar infine a riveder le stelle.


lunedì, novembre 28, 2011



MILANO JIU JITSU CHALLENGE
REPORT


Abbiamo partecipato come Centurion a tutte le principali gare organizzate in Italia. Il primo abbozzo di 'campionato italiano',o torneo con queste ambizioni diciamo, fu quello di Varese organizzato da Fabrizio Manzo, una decina d'anni fa. Il livello era bassino e i partecipanti furono 30 circa.

Al Milano Jiu Jitsu Challenge appena trascorso c'erano 530 iscritti, una marea enorme. Il nostro sport cresce sempre di più, qualità e quantità, e si lascia dietro discipline con un blasone ben consolidato e antico. Il Jiu Jitsu ha appeal, e lo si vede nei fatti. Per non finire strozzati dal nostro stesso successo si deve cambiare passo: servono i palazzetti grandi, 6 tatami e gare su due giornate. Ringraziamenti doverosi vanno al M° Andrea Baggio e alla sua gang, che con la sua ben nota tenacia ha costruito il più vincente torneo della penisola; confido che ci stupirà con migliorie significative come ha sempre fatto.

A livello tecnico -lo dico ma non vorrei fare il sapientino e pulcioso- il torneo delle cinture alte in effetti non mi ha impressionato, mentre in quelle basse si evidenzia una crescita impetuosa della tecnica. 

Di solito facevo una carrellata degli atleti con tanto di soprannome, esaminando le lotte, ma da quando tutti mi hanno copiato, sta cosa m'è venuta a noia. Ho anche smesso di ringraziare i ragazzi e i miei istruttori per lo stesso motivo. Invece di mettere in evidenza lo spirito guerriero e tutte le altre belle cose della nostra prestazione, metterò sotto la lente d'ingrandimento le cose da cambiare.

Se vogliamo tenere il passo delle grandi accademie è INDISPENSABILE allenarsi molto di più, cambiare mentalità e capire che in quelle scuole gli atleti che vincono si allenano come matti. Se quando si vince il maestro riceve i complimenti, è d'obbligo che io mi prenda le critiche per l'opposto risultato. Prometto ai ragazzi che rifletterò sulle mie carenze e mi impegnerò per mettervi riparo, anche se al momento non saprei esattamente come. I 5 bronzi (presi tra bianche, azzurre e anche nelle viola) sono un buon score ma sarei menzognero a dire che mi bastano. Io come coach voglio fare di più. Siccome non sono chissà chi, sto già chiedendo lumi ai maestri che ne sanno più di me, e staremo a vedere. Se non siamo stati più vittoriosi è per un problema di mentalità: si vede che non sono stato capace di veicolare la giusta attitudine, di far capire il valore del sacrificio, e ne chiedo venia.

Chiudo con una nota positiva: dalla prima macchina per Varese alla corriera a nolo con 16 iscritti in gara è un bel salto. Il Jiu Jitsu centuriato resta in marcia.





martedì, novembre 22, 2011



METAFISICA DEL JIU JITSU


"Per quanto concerne l'eroismo, ciò che veramente conta per l'uomo della Tradizione non è una generica capacità di lanciarsi nella lotta, di disprezzare il pericolo, di affrontare la morte, bensì il significato secondo cui tutto ciò viene sperimentato; e il combattimento riveste, per un tale uomo, valore e dignità di rito, di "via" che conduce, attraverso la vittoria e la gloria, al superamento della condizione umana e alla conquista dell'immortalità.
Il liberare le forme nascoste all'interno dello spirito dell'uomo attraverso il confronto rituale, è indispensabile alla strutturazione delle stesse impedendo che, rimanendo nell'incoscio lontane dalla necessario consapevolezza, si destrutturalizzino, diventando forme primarie di violenza degne dell'abbruttimento della belva, violenze così frequenti nelle cronache attuali...azione degne del mondo di chi pensa che è meglio coprire che sublimare! Questo in risposta a coloro che temono la "diseducazione" dell'educazione al confronto fisico rituale nella paura che si generi chissà quali mostri."

(Danilo"Leo"Lazzerini)


Ho scritto in passato sul valore spirituale che un'arte davvero marziale riveste per i suoi adepti, in particolare per gli studenti di Jiu Jitsu:


http://team-centurion.blogspot.com/2010/04/ma-il-jiu-jitsu-e-una-religione.html


Molte volte ho citato i progressi in campo interiore e ho illustrato la natura profonda del nostro BJJ:


http://team-centurion.blogspot.com/2010/12/regalo-di-natale-titolo-ingannatore.html


Parlare di Spirito, di onore, di qualità vs quantità, porta inevitabilmente a suscitare un vespaio di polemiche. Io personalmente me ne impippo alla grande, ma si dà il caso che questo blog sia nato esplicitamente per diffondere informazione sull'argomento, ed è per i miei giovani lettori che mi perito a schiamazzare su argomenti sui quali le mie posizioni personali sono a prova di bomba.


A chi in queste posizioni si ritrova ma a volte viene messo in difficoltà dialettica dai sofisti nemici dell'umanità, voglio ricordare che siete nel giusto, i vostri contraddittori sono solo degli incompetenti. Enti immateriali quali l'intelligenza per dirne uno oppure forze portanti dell'universo quali la forza di gravità non sono né visibili né pesabili ma di essi si dà una definizione e se ne misurano gli effetti a noi noti, solo questo. Non ve ne deve fregare un benemerito piffero se il vostro polemico avversario non sa o non "crede" alle vostre posizioni, in primis perché il parere di un ignorante vale meno della parola di un politico, e in secundis perché chi ama la sguazzare nella melma odia sempre chi aspira a volare alto. 


Ciò nonostante mi permetto di fornirvi qualche ulteriore momento di riflessione sulla realtà ultima, come la chiamano nello Zen. Facciamo qualche esempio.

Quanto gliene può fregare a un satellite in orbita geostazionaria del fatto che dei contadini analfabeti, ignari della tecnica aerospaziale, si dicano certi che cose come un satellite né esistano né possano mai esistere?

Quanto potrebbe mai influenzare il comportamento degli astri nella loro eterna rivoluzione intorno al centro della galassia se degli omuncoli, fossero anche nazioni intere, non siano a conoscenza del loro moto?

Ha rilievo che i selvaggi ignoranti lo reputino inesistente per il bacillo della scarlattina? 

Potrei andare avanti per sempre. Il punto è che ciò che è non dipende dal parere dei più, esso semplicemente segue la sua legge. Le "opinioni" sono e restano soggettive. I fatti sono fatti, solo la loro interpretazione è individuale, e nulla farà mai cambiare l'oggettivo.

Gli esseri umani sono parte di un universo intelligente. La forza che regola e anima la natura ha intelligenza, anzi: essa è l'intelligenza. Per quanto si possa essere biechi materialisti si deve ammetterlo: regole matematiche assolute regolano gli eventi, e queste forze hanno obiettivi e scopi per le loro creature/derivazioni solide. Gli esseri viventi ricevono da queste forze un framework dentro il quale esprimere la propria biologia e psicologia, sia del singolo che dei gruppi (famiglie, stati, civiltà). Le leggi fisiche sono assolute per tutti gli enti fisici, ma anche le leggi meta-fisiche (che sono oltre il fisico e lo determinano) lo sono altrettanto.

Vi ho ricordato molte volte che l'esperienza della lotta è comune a tutti i mammiferi, i cui cuccioli così imparano a vivere e dopo, in età adulta, a sopravvivere. Lottare è vivere, senza lotta non vi è vita. Combattono le persone e i regni, le fazioni e le associazioni culturali, combattono i bimbi all'oratorio e i soldati nelle trincee. Combattere per la sopravvivenza del più forte è una legge di natura, che noi possiamo studiare e soppesare seppur essa non ha una natura fisica misurabile/pesabile come gli oggetti tridimensionali. Esiste ed è inesorabile ma sta a monte degli enti fisici, li determina.

Come ci spiega il maestro Platone e il suo allievo  Aristotele, oltre la fisica ( lo studio dei fenomeni naturali, ossia di tutti gli eventi che possano essere descritti ovvero quantificati attraverso grandezze fisiche opportune, al fine di stabilire principi e leggi che regolano le interazioni tra le grandezze stesse e rendano conto delle loro reciproche variazioni) sta il mondo delle idee. La fisica quantistica coi suoi paradossi si sta avvicinando alle antiche cognizioni sul meta-multiverso, dando sempre più ragione ai maestri classici dell'occidente ma anche orientali. A priori e a cagione di tutto quanto esiste nel continuum quadridimensionale, esiste un illimitato campo di informazione che è senza tempo e senza forma, è meta-fisico. Da Heisemberg a Bohm si è giunti a Bell e al suo teorema che semplicemente demoliscono ogni rimasuglio della fisica newtoniana, dimostrando senza ombra di dubbio che la concezione locale (un tempo e uno spazio come dati definiti) è soltanto un'illusione, ma ce lo aveva già spiegato nei dettagli il beato Gautama tanto tempo fa. La materia è un bluff, ma oltre la logica einsteniana: esiste solo l'energia ma questa energia nella sua forma ultima (supersensibile) non ha né quando né dove. 

Noi crediamo di essere solidi e individui, ma è pura finzione della Mente. Per la moderna scienza ma anche per gli antichi saggi, cosa noi crediamo di essere è solo Maya, sogno. La vera natura del cosmo è pura informazione


Anche il nostro Jiu Jitsu prima di essere una serie di memorie e sinapsi, fotogrammi e pixel, nacque come idea, esso è un'idea. Il kimono, la cintura, un video che riprende dei lottatori, un orecchio a cavolfiore sono solidi, ma un'arte cos'è se non un astratta intelligenza nell'etere? Gli oggetti nominati, animati o meno, esistono in virtù dell'idea Jiu Jitsu, sono da essa determinati. Se con un potentissimo incantesimo si potesse eliminare il concetto di BJJ dalla mente di tutti gli esseri umani nessuno dei suoi 'derivati' avrebbe un senso di per sé ed essi risulterebbero muti a tutti, scomparendo dal nostro orizzonte cognitivo. 

Il Jiu Jitsu come idea non può necessariamente negare le idee base del cosmo e quindi anch'esso va inquadrato come un pezzo del puzzle. Esiste a priori delle nostre interpretazioni soggettive, ha una sua applicazione matematica. Il fatto che io o voi non si abbia la capacità di penetrare il mondo delle forze cosmiche non significa nulla, come negli esempi dell'incipit di questo articolo. L'arte suave per Peppino sarà un'esperienza interiore ed esteriore radicalmente diversa da quella di Joao, Gunther o Marcel, e però ciò non cambia nulla per la forza (intelligenza) o meglio per il pool di forze che la determinano.

Non conoscere il teorema di Pitagora o il peso atomico degli elementi chimici fa un baffo agli stessi, che se ne strabattono delle nostre percezioni e supposizioni per continuare ad essere semplicemente loro stessi. Anche l'idea/forza creatrice "lotta di finalizzazione", quella di "difesa personale" e "combattimento rituale" continueranno a essere come sono. A mio modesto modo di vedere essere sono intrinsecamente legate all'umanità e alla sua specifica natura sulla Terra, ed è per questo che non andrebbero mai confuse con attività di svago e superficiali quali gli sport.

Per quanto mi riguarda, ho preso come scopo esistenziale il ricordarmi quanto più possibile che come essere umano ho sì una biologia e una psicologia ma che esse però sono transeunti, passeggere, e che la mia vera essenza è radicata nell'imperituro, in forze che non hanno tempo, in un piano trascendente dell'esistenza che è quello vero. La gloria identificata dalla civiltà (cioè quella vera, classica) non è la modesta fama dei moderni senza cervello, ma è l'idea (...) ben precisa di superare i limiti imposti dalla forma terrena e lasciare qualcosa che vada oltre, che si riunifichi al piano formativo in guisa di contributo positivo all'intelligenza universale. In parole povere si è davvero uomini quando si ricorda la natura superumana della nostra origine e si contribuisce al bene nei nostri fratelli aumentando anche in loro questa consapevolezza.

Il concetto di arte l'ho già spiegato, si tratta di produrre bellezza e verità, cioè di trarla dal campo quantico, e investe il 100% della persona umana. Porsi obiettivi alti in certe discipline modifica chi lo faccia, indipendentemente dalla "opinioni". Naturalmente fattore determinante in ciò sarà la consapevolezza di quanto avviene in lui nel praticante, che altrimenti rischia uno spreco terribile di opportunità, come un convinto analfabeta che usasse l'enciclopedia per accendere il fuoco: si può fare ma è demenziale.

Il significato cioè l'intentus del gesto fa la differenza, perché è l'idea che produce altre idee. Il sacrum facere del combattente consapevole ha implicazioni completamente diverse da chi si misuri senza tale consapevolezza. In un epoca in cui entità nemiche assai astute hanno creato una gabbia che vieta a noi di avvicinarci alla coscienza, discipline come il Jiu Jitsu che dal mondo delle idee sono giunte per aumentarcela sono un dono senza pari, come la luce del Sole che irrompe in una triste notte senza stelle.

"Il liberare le forme nascoste all'interno dello spirito dell'uomo attraverso il confronto rituale, è indispensabile alla strutturazione delle stesse impedendo che, rimanendo nell'incoscio lontane dalla necessario consapevolezza, si destrutturalizzino, diventando forme primarie di violenza"

Forze inesorabili guidano la nostra psicobiologia, e si possono interpretare a nostro o pro o per nostra distruzione. Non risulterà strano che l'élité che ci schiavizza veda come il fumo negli occhi ogni forma di combattimento rituale, e faccia di tutto per insozzarne la memoria e vietarne la pratica. Ci vogliono deboli e sciocchi, non certo combattivi e incacchiati con chi danneggia, è un'ovvietà.

A più riprese ho ricordato questo concetto, il Jiu Jitsu NON è uno sport; ha una sua natura specifica molto peculiare e in questo momento storico si pone come arte integrale della persona umana. Purché si sia consapevoli del significato ulteriore e lo si ricordi con la massima fermezza. Il Jiu Jitsu viene da un piano dell'essere preumano, ultraumano, che lo si sappia o no, che lo si "creda" o no, non ha nessuna importanza. Il giacimento di diamanti sta lì, ma solo chi lo cerca e si impegna a scavare lo troverà, lo 'scettico' -che non "crede" e non scava- non troverà mai nulla.

Per se stessi e per la società intera è dovere di chi ne ha coscienza diffondere il messaggio nella sua forma più corretta. I valori umani sono l'applicazione/interpretazione di valori eterni che stanno nel mondo delle idee, e ogni uomo di buona volontà ha il dovere di far sì che il corpo sociale possa rinnovellarsi in questi tramite la sua testimonianza. Non si parla di apostolato come nelle religioni mediorientali, bensì di dare l'esempio e di fornire informazioni sulla propria pratica consapevole affinché chi lo voglia possa accedervi anche lui.

Io che ho un carattere romantico e prono alle suggestioni delle leggende, penso con la massima convinzione che il BJJ sia la versione contemporanea e adatta alle circostanze storiche dell'idea di combattimento disarmato a mani nude, una divina idea tradotta nel prosaico sozzume umano. Le divinità come le chiamavano gli antichi (le forze formatrici intelligenti trascendenti) che hanno a cuore lo sviluppo nella direzione della consapevolezza del genere umano hanno, per ragioni ignote e per me imperscrutabili lo puntualizzo- fatto apparire questa specifica versione dell'idea nel nostro tempo. 


Combattere è un destino e un'opportunità, tocca ricordarsene.


"La salvezza della Terra dipende dalla realtà che l'umanità nel presente non trascuri di formarsi pensieri sui mondi spirituali. Poiché moltissimo dipende dal fatto che il cammino dell'evoluzione dell'umanità venga compreso spiritualmente".

(Rudolf Steiner)

giovedì, novembre 17, 2011


PERCHE' GAREGGIARE?


Cari amici -e anche nemici- lettori, ho speso molte parole su questo blog per spiegare la caratteristica essenziale dell'agonismo nello sviluppo di un vero combattente e di una persona sana.

La competizione è l'equivalente del test in vivo di un modello industriale. Progettisti raffinati scandagliano le loro menti e buttano su carta quello che sembra quanto di meglio, ma se hanno avuto ragione lo si vede solo dopo, nella ve-ri-fi-ca.

Ho detto&ridetto che il Jiu Jitsu, in qualità di arte integrale per lo sviluppo della persona umana in tutte le sue componenti, ha obiettivi che vanno ben al di là del solitario agonismo, e che chi lo interpreta in maniera riduttivamente 'only-sport' non sta facendo un bel servizio a se stesso e ai suoi eventuali allievi. L'agonismo sta dentro il contenitore BJJ, e ne è una parte fondamentale però. Quindi chi volesse concepire un BJJ del tutto privo di una dimensione agonistica sarebbe un falsario e un disgraziato.

Competere è qualcosa che va oltre partecipare ai tornei e all'elitario sfocio nelle MMA, competere è la salute del cervello, è mettersi in gioco, è provare se stessi, è imparare i propri limiti. Senza con-fronto non c'è crescita, senza confronto c'è solo la setta marziale e il delirio della personalità, l'obbrobrio del martial cult deviato. Il confronto è quello che ci induce a riflettere, che ci mostra i nostri enormi limiti e l'unico strumento per migliorare, superandoli.

Laddove la competizione non è magari troppo enfatizzata ma il confronto è aperto, là c'è qualità, c'è una via evolutiva. Dove il maestro-guru invece convince i suoi adepti a chiudersi al mondo e forse a incensare lui, lì la deriva è inevitabile. Sono arti davvero marziali, cioè che danno risultati in combattimento, sia interiore che esteriore, solo&esclusivamente quelle in cui è previsto e praticato lo sparring con avversari non collaborativi ed esperti nonché la partecipazione a gare. 

Affrontare le nostre paure e i nostri autosabotaggi, le nostre pecche caratteriali, è il compito primario nello studio di un arte marziale. Il miglior metodo per mettere alla prova questa attitudine di auto-perfezionamento è partecipare ai tornei, in varie fogge regolamentari, senza perdere la bussola e scordare il motivo fondante di ciò.

Nel DNA del BJJ ci sono tre anime principali, dalle quali il singolo praticante poi deriverà la sua personale espressione, visto che è un'arte:

1) salute, forma fisica e socialità
2) difesa personale
3) agonismo (amatoriale e MMA)

Uno scarso ex-agonista quale il sottoscritto svolge una continua opera di martellamento sui suoi allievi al fine che si dimentichino quale impagabile opzione di crescita personale si perderebbero snobbando la parte agonistica della pratica, anche sotto il profilo umano.Un giorno questi campioncini in erba saranno capaci di rivoltarmi come un calzino e io sarò fiero di loro ma, citando il nubiano del film "Il Gladiatore": "Ma non ancora..non ancora.."


lunedì, novembre 07, 2011


I TIPI NORMALI DOVE SONO?


Non capita anche a voi una leggera uggia aggirandosi per la blogsfera o su feisbuc? Son tutti supercampioni intergalattici, esperti inarrivabili, assassini ninja o guru che dispensano perle di saggezza, così pieni d'aria che in confronto un palloncino è di pietra.

Sì, capisco l'esigenza di farsi pubblicità, però..che bocce...

Io alcuni di questi arditi self-promoters li conosco, sono andato a vederne le carte e m'è venuto da piangere. Anche veri e propri numeri 1, quando esagerano nell'autopompaggio stroncano davvero le sfere, figuriamoci i nerd: io non ne posso più.

Sono solo io quello scarso, quello che nel suo delirio telematico si denuncia come NON-campione, come allievo perenne, come discente marziale, lottatore di poca valetudine? Boh. E' strano, poi li vai a conoscere questi soloni e a più riprese sul tatami -se ci salgono mai- non sono per nulla degli iradidddio, sotto i pesi alzano come ragazzine e coi guantoni fanno vento alle mosche: keyboards warriors.

Per relazione direttamente inversa e proporzionale, i veri duri (pochi) non si vantano, lasciano lavorare le mani loro o degli allievi e non la lingua, ma questo si sa: can che abbaia non morde, avviene in tutti i campi. Certo che nelle AM risulta particolarmente odioso, visto che è un settore di applicazione eminentemente pratica. Un musicista che si vanta di chissaché alla fine è solo questione di gusti, ma nel combattimento se le prenderesti anche dal meccanico all'angolo è un fatto conclusivo.

Ribadisco ai lettori di più di recente acquisizione lo scopo di questo blog: a parte far sfogare la mia nevrastenia nei confronti del truffatori marziali, questo diario online serve per far informazione sul BJJ, sulle MMA, e per dar mano a sviluppare una coscienza di classe degli appassionati di un settore che sarebbe determinante per la salute pubblica. Serve ovviamente anche a informare sulle attività del nostro team, giunto al 9° anno di vita, e a tenere aggiornati i nostri avversari sui centuriati successi, sempre maggiori ehehehe.

"Grazie al cielo non ho medaglie da sventolare", direbbe qualcuno. Io invece con voi posso essere onesto: mi sarebbe molto piaciuto essere un vero campione di BJJ, avere quelle qualità come lottatore che non ho, far terremoti a competizioni come il Mundial IBJJF e giacere un po' su vasti allori. Così non è, se vi piace, sono uno normale, la mia storia la sapete. Il mio ruolo è quello di insegnante: io mi pongo come educatore.

Il discorso su questo punto fondamentale non è esaurito, lo dovrò riprendere. Educare non è allenare in uno sport, ma molto di più. Ha a che fare con valori costitutivi della persona umana in salute, ma ci sarà tempo. Per il momento accontentatevi della chiusura ad effetto dell'articolo.

Ehi tu, cerchi un supermegafantamaetsrone spaziale, invincibile e che li ammazza tutti lui o che sa tutto lui..?

Cambia blog!






lunedì, ottobre 31, 2011



IL TEOREMA DELL'ARTIFICIERE


Una caratteristica dell'apprendimento è il continuo re-imparare. Informazioni, nozioni o concetti che si sa di sapere ma che una volta riesaminati, rimasticati ci sembrano meglio capiti o addirittura finisce che li consideriamo sotto una luce del tutto diversa.

Al recente seminario autunnale della nostra scuola di Jiu Jitsu, nel descrivere la sostanziale complessità del registro tecnico dell'arte suave, il mestre Tisi ha così chiosato: "Nel BJJ devi conoscere a fondo anche posizioni che non gradisci e che non userai, altrimenti diventa impossibile difendersene. E' come nella professione di chi disinnesca le bombe: si deve saperle costruire anche se non se ne piazzerà mai una".

Il BJJ richiede al praticante di studiare dozzine e dozzine di posizioni, variamente distribuite tra proiezioni, passaggi, escapes, raspados, finalizzazioni e via discorrendo. Le combinazioni e le varianti sono praticamente infinite e quel che è peggio è che nuove guardie esotiche, sottomissioni astruse vengono dimostrate in gara praticamente ogni giorno. Le basi sono quelle, ma anche restando attaccati alla più old delle schools il novero di roba da sapere a menadito non è piccolo. 

Come fare a essere abili artificieri allora?

Tanto sudore. Passare giornate intere sul tatami, e vabbene, ma anche avere sempre una certa umiltà che ci ricordi quanto è impossibile non venire colti in fallo se, dopo anni di esperienza, si finisce per "sedersi" e faticare a ripassare continuamente l'enorme corpus del Jiu Jitsu. Il guardero ostinato deve saper di passaggi in toreada, il passador più feroce di  De La Riva, X Guard etc.

Io che ho il 4 davanti la seconda cifra all'anagrafe, che del BJJ non sono certo un campione né un fine esecutore (e che di questa stupenda arte privilegio l'aspetto pratico, per il combattimento reale), ho ben poca speranza di poter impiegare con successo esotici arzigogolamenti con le tibie sul petto dell'avversario, o con dispaly di somma agilità virtuosimi da yogi consumato. Chi mi frequenta sa che io credo fortissimamente nel sistema classico, nelle basi granitiche e antispettacolari: proietta-passa-finisci, OK. C'è un però: se le cose che mi piace fare e che so fare nella mia limitatezza voglio avere una speranza di riuscire  a impiegarle contro chi invece ha la giovinezza e il talento nonché la sinuosità, bisogna che conosca i suoi punti forti.

Un baldo 90kg di giovanotto come me (ehm..) fa meglio a entrare a bazooka sulle gambe, lanciare e trivellare l'opponente sul pavimento, passarlo piantarlo sotto una montada da 30000 atmosfere, e annegarlo in un barrage di finalizzazioni, questo io credo. Se però mi fisso soltanto su quello che mi viene meglio e che suppongo di saper fare a sufficienza (pia illusione), che speranza posso avere con un avversario che non gioca con le mie regole, che impiega una strategia a me ignota?

Quando l'artificiere s'approccia all'ordigno, le sue speranze di riportare il culetto a casa sono tanto alte quanta è stata ampia la sua capacità di tenere aperta la mente, di studiare ogni novità nel campo esplosivi, di ripassare continuamente i modelli-base di bomba e incuriosirsi per quelli strani e poco praticati. Inoltre il nostro uomo non dovrà mai dimenticare di andare a rivedersi i vecchi modelli, le bombe vintage, quelle che tornano sempre fuori ogni tot, come i pantaloni a campana.

L'esempio è stato fatto da un foltocrinito professor di BJJ, ma è altrettanto vero se non di più nelle MMA, anzi. Le Mixed Martial Arts voi lo sapete io le vedo come una necessaria e fatale evoluzione agonistica del Jiu Jitsu, una sua "deriva" sportiva professionale da cui non si può prescindere. Quale metodologia di confronto  disarmato ha nelle sue corde l'idea di "artificieraggio" marziale, la pratica ininterrotta di tecniche che l'atleta di suo non cercherà quasi mai di piazzare perché non confacentiglisi. Anche in questo aspetto il BJJ e il suo alter ego gabbiesco si pongono totalmente agli antipodi delle sette marziali tradizionaloidi antiche o modernissime, spero si capisca. Saper fare, non collezioni di tecniche da seminario: nasi pesti e orecchie a cavolfiore.