mercoledì, febbraio 26, 2014

IL CONTATTO FISICO E LA CRESCITA PSICOLOGICA


Come sapete sono passato al Jiu Jitsu in età ahimé matura, avendo scoperto quest'arte marziale che ero già quasi un Senior 1 per gli standard IBJJF. In precedenza avevo però praticato per qualche decade arti di striking.

E' un fatto abbastanza noto a chi frequenti accademie di BJJ osservare un tenore 'atmosferico', un aria del tutto differente dai corsi di arti percussive. In generale questo diverso feeling è -giustamente- attribuito alla mancanza di sollecitazione del sistema nervoso che picchiarsi dà, volenti o nolenti. Là dove ci si mena si sta più sul chi vive, è normale. A bene vedere però è una deduzione che si può validare solo in parte. Basta infatti studiare quello che avviene in arti fossili dove il contatto non è nemmeno sfiorato o addirittura sconosciuto per ritrovare paro paro quel non so che di antipatico che aleggia nella Boxe o nella Muay Thai, due arti per il resto eccellenti e meritorie.

Dunque, cosa c'è di più profondo nel Jiu Jitsu che crea quel cameratismo e quel senso di easy going tale da farsi notare così vistosamente? Ci sono arrivato per gradi, a capirlo. E' soprattutto il contatto fisico profondo e prolungato. Ebbene sì, siamo sempre abbracciati nel BJJ, il 90-95% del tempo si è costretti a subire l'ininterrotta vicinanza di un'altro essere umano, con tutto ciò che questo comporta.

Riflettiamo. Crescere vuol dire necessariamente un allontanare gli altri, creare quelle barriere che la società prevede affinché si diventi persone e individui, cioè singoli. A partire da quando siamo ragazzetti smettiamo di avere un contatto epidermico col prossimo, e se escludiamo un partner alla volta il resto del mondo è al massimo della vicinanza dietro una stretta di mano. E' necessario far così, lo capisco, ma è anche una forma di schizofrenia.

Ciò è male. 
Il nostro trasformarsi nel senso disumano di unità produttive del turbocapitalismo straccione ci duole, ci aliena dalla nostra parte sensibile. Ecco che un'arte solare e benefica arriva a darci quella dose di corpo-a-corpo di cui siamo necessitanti a livello subconscio, che ci fa star bene e ci fa sentire meno soli e più vivi. In particolare per i bambini il Jiu Jitsu dovrebbe essere obbligatorio per legge e insegnato con cura in tutti i gradi scolastici, io dico.

Quando si parla di "Jiu Jitsu life style", al di là del marketing c'è di più. Le persone che seguono questo percorso si rilassano, alleviano tantissimo lo stress e smuovono dei blocchi nel loro profondo nella maniera che altre attività seppur eccezionali non possono fare.
Essere qualcuno nel Jiu Jitsu significa aver trascorso migliaia di ore con un numero imprecisato di omacci a cavalcioni di traverso, e questo è irriproducibile con arti da combattimento diversamente strategiche, anche di lotta ma in piedi, notiamolo.

Ho la certezza che se sradicassimo i teen ager dai malefici strumenti digitali che li tarpano mentalmente e li riuscissimo a far stare sulla materassina ad aggrovigliarsi coi loro pari, a sudare e imparare, a sudare e divertirsi in maniera umana, avremmo una società decine di volte migliore. Sarò un fanatico ma so di cosa parlo: il Jiu Jitsu non solo insegna a combattere a chiunque, è VITA; portate i bambini in una buona accademia e iscrivetevi anche voi, se non l'avete ancora fatto, seppur aveste 80 anni, il risultato è matematico.