domenica, luglio 28, 2013

LA VECCHIA SCUOLA E' LA MIGLIORE SCUOLA



In effetti come incipit per un articolo che venga da me è abbastanza strano, visto che sono un inossidabile et strenuo sostenitore dell'evoluzione funzionale dell'arte marziale ma: "The old school is the best school".

A cosa mi riferisco? All'avere radici profonde, a basi eccezionali, a una profonda conoscenza teorica e pratica delle fondamenta del Jiu Jitsu.

Come sono solito spiegare ai miei allievi, un'arte che non presenti un metodo di confronto (agonismo) nel giro di poco involve completamente, si ripiega su se stessa e diventa una baracconata. Ciò detto, adottare un regolamento vuol dire accettare già dal principio che qualcosa vada perso e che s'instaurino dei meccanismi evolutivi per via dei quali necessariamente codesto regolamento verrà sfruttato in maniera opportunistica dagli atleti, inducendo nell'arte stessa vizi e storture. In pratica: se non combatti come arte muori, ma per farlo andrai comunque incontro a vicoli ciechi.

In tempi di elevatissima mobilità fisica e mentale della gente, è dovere morale di un coach assicurarsi che principianti (ma anche intermedi) abbiano innanzitutto assorbito le basi tecniche, e qui  mi riferisco a tutto quel repertorio di posizioni-drills-informazioni le quali rappresentano il vero nucleo della metodologia di combattimento reale. Prima di sognare di formare un campione del mondo cioè, assicuriamoci che il ragazzino sappia imbastire una difesa decente su un pugno alla pescivendolo oppure uno strozzamento alla bell'e meglio. Come si fa? Basi basi basi! 

La civiltà dell'informazione ha trasformato ogni adolescente in una spugna di infiniti video, e osservando i veri campioni in azione i giovini finiscono per restare abbagliati dalle loro finezze, e non aver voglia di applicarsi alle cose nella loro mente più "rozze". Berimboli e guardie a X diventano il sogno dell'adolescente nerd o del bancario aficionado delle finali dell'ADCC. Insomma si costruisce sulla sabbia, manca la concretezza.

Mi rivolgo ai docenti affinché soppesino con coscienza il loro programma tecnico, e che non finiscano per assecondare le voglie di prelibatezze dei loro assistiti, finendo in ciò per danneggiarli e contribuendo a una deriva del Jiu Jitsu verso una estrema sportivizzazione della pratica. Prima di volare impara a camminare, si dice.

Nel BJJ quando si dice che si pratica la 'difesa personale' è una ridondanza. L'arte intera infatti è nata uni-ca-men-te e si è sviluppata per offrire il migliore  e più logico sistema di combattimento disarmato umanamente concepibile. E quindi? Succede che in palestra le persone si disabituano alle grezze forze belluine , adusi solo a giostrare di rolling con scioltezza, il che è un bene ai fini della crescita tecnica, ma non si può scordare che là fuori, nella strada, l'avversario invece sarà ben ruvido e mollerà anche cartoni in bocca, altro che De la Riva inversa! Dunque io m'intestardisco affinché sempre i miei jitsuka ripassino quelli che in base alla mia lunga esperienza sono i veri attacchi che un aggressore porta in una rissa:

1) il gancione, la classica bomba larga da dietro
2) la presa strattonata al bavero con seguente lancio per terra o puntata nel muso
3) spinta feroce e raffica di calcioni in testa
4) pesudo-montada con sciorinare di strozzamenti e legnate nei denti
5) abbracci alla testa in tutte le salse

Prima di affrontare i calci (o per meglio dire le pedate) e qualche combo base minimamente raffinata, tipo jab/cross etc, BISOGNA PER FORZA saper gestire senza andare in crisi le precedenti 5 situazioni.

Un buon jitsuka cintura bianca è legge che possa da subito o quasi andare in giro conscio di avere nel suo arsenale quanto sopra unito a un double leg da paura, della cadute decenti e la gestione elementare delle posizioni al suolo. Solo dopo, ma dico parecchio dopo, che un praticante abbia costruito questa infrastruttura dovrebbe eventualmente venir esposto a guardia aranha e amenità varie. Questo era ed è il verbo sacro della vecchia guardia, formare uomini prima e atleti poi, e rimane anche il mio.

Il sistema-Jiu Jitsu, e qui mi riferisco all'arte intesa a tutto tondo, con le sue gare, i suoi personaggi di spicco e che fanno 'tendenza', le demo etc ha una sua validità per indiscussa. Quello che va continuamente ridiscusso invece è l'approccio con il quale la si impara e la si insegna in relazione alle sue basi storiche, tecniche, tattiche. Anche una buona idea può produrre risultati negativi, e voglio fare il parallelo con le tecniche di attacco alle gambe. Chiunque lotti al suolo sa che sono attacchi molto rischiosi per chi li porta e pure assai a rischio d'infortunio per chi li subisce, e pertanto è una 'buona idea' insegnarli con misura e massima cautela. Il fatto è che per via di questa logica impostazione, frutto della saggezza nel posizionamento offensivo, nel tempo le scuole di BJJ si disabituano ai leglocks, li escludono sempre più dai regolamenti sportivi e la gente poi non li sa né fare né difendere (peggio), come accadde allo stesso Helio Gracie ai tempi delle sfide con Oswaldo Fadda.

A mio parere un insegnante che sappia miscelare con cura basi granitiche con le più recenti e sfiziose evoluzioni iperagonistiche (NB: non ci si difende da cosa non si sa fare), alternando a una ossessivo lavoro sulle basi il continuo aggiornamento sulle novità, ha davvero reso un pieno servizio ai suoi allievi. Mente aperta e curiosa su radici molto fonde, dico.



mercoledì, luglio 03, 2013

Il COMBATTIMENTO NATURALE DELL'UOMO


Il COMBATTIMENTO NATURALE
DELL'UOMO

A Madre Natura non la si fa. La Divina Intelligenza ha le sue regole, e se per hibrys (arroganza) si pensa di trasgredirle, be' la botta di umiltà che ne segue è molto educativa.

Ho spiegato in vari articoli come mai lottare corpo a corpo sia da considerarsi NON uno sport ma una   caratteristica funzionale della razza umana, come respirare o deambulare. La nostra anatomia, dallo scarso equilibrio del bipede all'assenza di protuberanze contundenti quali zanne e artigli, fa di noi umani dei jitsuka a priori. La massima efficacia in combattimento disarmato in tutte le culture è sempre stata valutata con il lottare, con il buttare a terra per la precisione. Anche le scienze naturali ci insegnano come azzuffarsi sia il mezzo principale per i membri della cucciolata di giocare e di stabilire delle gerarchie.

Il Jiu Jitsu è una scienza molto razionale. E' basato sulle leggi della fisica e dell' anatomia, ed è stato codificato in maniera che fosse open source (vedete negli archivi questo tema), ossia che potesse essere implementato ed evoluto, senza poter essere rinchiuso nei dettami di un'ortrodossia pretesca di esegeti "illuminati". Risponde con precisione alla domanda fondamentale delle arti marziali: come può un individuo aver ragione di un aggressore più grande e forte di lui?

Ci tengo a rimarcare come tra tigri o licaoni non ci siano arbitri né categorie di peso, e che il regno animale nella sua immensa bellezza è costretto a rimanere per sempre nei limiti dettati dall'ereditarietà. L'essere umano, che di quel reame è parte ma non in toto, si situa a metà dei mondi. Ha carne ma anche pensiero, ha istinto ma anche riflessione. A mio modo di vedere il Jiu Jitsu permette sapientemente di coniugare le esigenze insuperabili delle leggi della meccanica e fisiologia con la capacità di astrazione e proiezione del futuro che ci è propria. In parole povere: unisce il meglio di entrambi.

Vi sottopongo un video per meglio esplicare il concetto. Due maschi adulti in "lite per il territorio" si fronteggiano, e si capisce immediatamente che il più grosso fa affidamento unicamente sulla massa mentre l'asiatico vorrebbe usare uno 'stile' di percussioni.




Come avete potuto osservare, lo striking è andato subito a farsi benedire davanti alla carica grezza del bombardone ed è bastato che il meno nerboruto avesse delle nozioni davvero minuscole e confuse di Jiu Jitsu per prevalere sul muscolone. Nessuno dei contendenti voleva davvero il grappling per sé, epperò la fase al suolo è stata comunque:
1) inevitabile
2) decisiva

E' una scena già vista, diranno i miei più assidui lettori, e inoltre abbastanza scontata per chi pratichi il realismo marziale. E' un concetto che però stenta a entrare in testa alla masse di profani, destabilizzati dalla disinformazione cinematografica, e impossibile a far entrare nella capoccia dei marzialioti indottrinati.

Riconoscendo la inevitabilità o quasi dell'inferiorità posizionale quando confrontati da un omone grosso e incacchiato, il BJJ ha sviluppato una strategia all'interno di un quadro tecnico antico, evolvendo il lascito nipponico e adattandolo alle esigenze dell'epoca contingente. Chi non si adatta muore in Natura, lo sanno anche i bimbi delle elementari. Se si sa come farlo, persino il doppio dei muscoli non sono un problema insormontabile, e una persona dal fisico minuto PUO' battere un gigantone il doppio di lui.




La mia 25ennale esperienza nelle arti marziali mi dice che, a meno di essere arrivati a un livello altissimo agonistico (pro o vicino), l'unica forma di combattimento che permette al piccolo di battere regolarmente e senza troppo uso della forza i bestioni è il BJJ. Ogni seria cintura nera di questo stile ha reali possibilità di sopravvivenza contro un omone il doppio di lui che davvero gli voglia staccare la testa dalle clavicole e non solo fare allenamento collaborativo. 




Paradossalmente questo risultato si ottiene proprio allenandosi 'piano' e con abbastanza lentezza, facendo cioè uscire fuori la dote mentale dell'essere umano oltre che (e sopra de) la forza bruta dei muscoli. Ripeto: il Jiu Jitsu a parer mio si dimostra la più funzionale/meccanicamente "giusta" delle arti realistiche anche per via del fatto che è l'unica tramite la quale col gigantone -ma espertissimo stavolta- ci si può/deve allenare a pieno contatto senza prendere la via per il reparto traumatologico. 



Per chi lo pratichi e per chi si avvicina interessato, si sappia che il Jiu Jitsu dunque si avvicina molto all'arte marziale assoluta in termini di aderenza al nostro DNA, seppur coi suoi limiti contestuali che ho minuziosamente analizzato in passato (vedi archivio su sportivizzazione estrema della pratica, mancanza di allenamento ai colpi e alle armi bianche etc). Sono convinto che è anche per questo motivo che si trae così tanta soddisfazione emotiva dal lottare: esprimiamo una parte nascosta in profondità della nostra interiorità che attende solo di venir alla luce e sbocciare. Come dissi già, lottare necesse.