giovedì, settembre 22, 2011



JIU JITSU PER SALES MANAGERS



Il seguente articolo mi è stato richiesto dal nostro corrispondente da Rio de Janeiro, Frank Merenda, per il suo famoso blog.

Molti di voi sanno che conduco da queste pagine una guerra culturale in difesa non tanto della nostra arte suave tout court -che non ne ha bisogno- quanto dell'onestà intellettuale e del vero spirito educativo delle arti da combattimento disarmato, e quindi contro gli ignoranti, i sepolcri imbiancati (quando non truffatori veri e propri) che prosperano nel magico mondo delle AM.

Alla base di questo pezzo c'è una comunione di intenti tra me e Frank, ed entrambi rifuggiamo dal detto-non-detto tipico dei due ambiti professionali: raccontiamo la nostra verità, quel che va affermato pena il sentirsi dei vermi, e affanc**o chi si senta infastidito.

L'articolo, preceduto dall'introduzione dello stesso Frank, lo trovate qui: 


Lezioni sulla vendita da un insegnante di Jiu Jitsu


Una delle domande che mi vengono rivolte più di frequente dai venditori, riguarda non tanto l’aspetto tecnico della trattativa, quanto proprio il lato psicologico dell’essere venditore. Come essere più sicuro, determinato, “coraggioso” e come affrontare al meglio il dialogo interno durante il confronto con il cliente.
Sapendo che non consiglio in genere gli approcci a base di PNL et similia, mi si chiede quindi come lavorare su questi aspetti in maniera pratica.
A tal proposito ci tengo a puntualizzare come vi sia a questo mondo, una errata convinzione che strumenti, tecniche e discipline siano qualcosa di “neutro”, utili o dannose a seconda dell’utilizzo che ne viene fatto.
In realtà le cose non stanno così, mentre la verità è che esistano elementi nella nostra realtà che nascano ed operino per il bene e l’elevazione dello spirito umano, mentre altri si prodighino per l’esatto opposto, cioè l’ottenebrazione delle coscienze.
Non comprendere questa intima verità, ci conduce per strade fallaci e pericolose, durante il nostro percorso di ricerca e sviluppo a tutto tondo.
L’argomento di cui tratteremo oggi grazie all’intervento del mio amico e mentore Mario Puccioni, la lotta, rientra appunto tra quelle discipline “salvifiche”, appartenenti al nostro DNA e volutamente messe da parte dal sistema.
Questa selezione volontaria è operata al fine di promuovere discipline “oscurantiste”, quali ad esempio il movimento calcistico nato per ottenebrare e controllare gli animi, e stimolare sentimenti negativi all’interno delle persone.
A dimostrazione di ciò, provate a guardare con distacco i tifosi di tale fenomeno e ditemi se nell’atto di osservare la partita o discuterne vi sembrino esseri umani intelligenti o particolarmente equilibrati.

Scegli se vuoi essere un Eroe o un violento manipolatore

La lotta è una delle discipline fondamentali per temprare lo spirito umano e renderlo pronto al confronto rituale e cavalleresco nella sua accezione più nobile. Quando parliamo di vendita, alfine di questo si tratta.
Vi è da precisare che la lotta ripudia la violenza. Violenza intesa come “imporre attraverso la forza la propria volontà su quella altrui”.
Violenza che invece nella vendita, trova il suo naturale “humus” in quelle discipline del ramo “ipnotico” del quale già ho parlato, dove appunto attraverso tecniche ed artifizi linguisitici si cerca di prevaricare le difese naturali dell’ individuo tramite tecniche di suggestione che ne confondano e ne ottenebrino la volontà.
Violenza che nel tempo si ritorce sull’animo dell’utilizzatore, che si corrompe e si oscura, innanzi al desiderio sempre maggiore e crescente di riuscire a manipolare gli altri con le proprie conoscenze.
La lotta si fa invece portatrice della fortificazione naturale dell’animo e dello spirito umano, a metafora del venditore che cavallerescamente deve riuscire con massima dedizione ed impegno a convincere il suo cliente dell’utilità di quanto proposto.
Il finale della lotta, seppur dichiari fattivamente un “vincitore” momentaneo, eleva  sempre e comunque due persone come entrambe “vincenti” per l’esperienza nobile condivisa sul tappeto di gara o di allenamento.
Recuperiamo quindi gli effetti illuminanti per il corpo e per lo spirito umano, attraverso le parole di un insegnante e divulgatore appassionato come Mario. Se pensate che io sia “politicamente scorretto” e vi piace il mio modo di scrivere, sono convinto che lo adorerete letteralmente, come lo adoro io.


Frank

Il Jiujitsu, la lotta e la consapevolezza

(insegnante di Brazilian Jiu Jitsu , personal trainer e blogger politicamente scorretto)
Il mio amico Frank e io abbiamo parecchie cose in comune. In particolare condividiamo una sana repulsione per truffatori, affabulatori di folle e mettiintasca vari.  La dura scuola della vita ci ha insegnato che i veri risultati, in qualunque campo, sono frutto di un costante ed intenso impegno; abbiamo imparato anche che gli esseri umani sono creduloni, manipolabili dai furbi cantastorie e che il loro Io razionale incide si e no per un 10% sulle decisioni che prendono, a esser ottimisti.

Con Frank abbiamo passato anni a studiare psicologia e scienze che hanno a che vedere con la coscienza umana, ed entrambi ci siamo appassionati alle applicazioni che questa coscienza aumentano nell’adepto. Molto tempo addietro il Francescaccio ha condiviso con me un po’ di percorso in una di queste discipline, il Jiu Jitsu, che io attualmente insegno. A causa delle profonde implicazioni che la seria pratica di quest’arte ha sulla salute psicofisica e sul citato risveglio della coscienza, Frank mi ha chiesto di illustrarla a un pubblico come il vostro.
Il Brazilian Jiu Jitsu (qui d’ora in poi BJJ) è un metodo per la difesa personale sviluppato dalla famiglia Gracie nel grande paese sudamericano. Si tratta dell’evoluzione del metodo nipponico di lotta corpo a corpo e, in estrema sintesi, è un tipo di lotta dove si mira a portare il nemico al suolo e sottometterlo tramite una leva o uno strangolamento. I Gracie si fecero larga fama in patria con un metodo di sfide senza regole a tutti i principali stili, e divennero così famosi per la loro imbattibilità da sfondare negli USA e dare vita per filiazione alle moderne Mixed Martial Arts professionali. Oggi il BJJ rimane si un’arte marziale per la difesa personale tra le più efficaci e testate sul campo, ma in occidente ha acquistato molta rilevanza quale metodo per stare in forma, gareggiare amatorialmente e soprattutto andare alla scoperta di se stessi.
La definizione che diamo del Jiu Jitsu e della nostra pratica è la seguente:
1) una disciplina divertente, tramite la quale socializzare in un ambiente sano ed amichevole
2) un metodo di cultura del corpo, con il quale ottenere una perfetta forma fisica senza noia
3) uno sport agonistico accessibile a tutti, dove si gareggia a contatto pieno ma senza colpi in faccia
4) un metodo che insegna delle nozioni utili nella difesa personale
5) una base imprescindibile per le MMA
6) un’Arte a tutto tondo, intesa a sviluppare la persona umana in tutte le sue parti costitutive: cervello, carattere, fisico e Spirito
7) una Via per la ricerca di sé e per l’ampliamento della propria coscienza
Il fumoso mondo delle arti marziali è un po’ come quello della vendita professionale: un gran macello!
Come tutti quegli ambiti in cui si vanno a smuovere potenti forze del subconscio – la sopravvivenza fisica nell’arte di Marte e la produzione di reddito nella vendita- assistiamo ad ogni sorta di imbroglio, apparizione di Messia illuminati, produzione di libri “sacri” e di caste pretesche d’esegeti della unica Verità. Il praticante poco smaliziato ha il 99% di possibilità di venire accalappiato dalle sirene degli abili intrappolatori che, pigiando l’acceleratore sulle manchevolezze e illusioni del poveretto, finiscono per carpirne la buona fede e i quattrini.
Il BJJ è un’arte evolutiva della persona umana in maniera integrale. Oltre a insegnare come stare in forma senza annoiarsi, imparare a difendersi a mani nude e socializzare in maniera sana, dona la capacità di mettersi a confronto con le proprie manchevolezze. In maniera diametralmente opposta alle classiche arti marziali “tradizionali”, nel BJJ le ripetizioni di tecniche in serie predeterminate o “Kata” sono disprezzate, il rispetto dell’insegnante non sconfina MAI nel culto della personalità e lo scopo dell’arte -sconfiggere un avversario più forte fisicamente- vien conseguito con un costante sparring al 100% con avversari esperti e non collaborativi. Nel BJJ i classici chiacchieroni panzuti delle arti tradizionali non allignano, che tutti lottano a ogni allenamento e i discorsi vanno a zero.
Il risultato è la misura della nostra abilità. Forte a lottare è considerato chi dimostra ardimento, spirito combattivo sul quadrato e  che si mette fisicamente alla prova senza paura. In questo senso il BJJ è un’arte empirica e onesta, che non fa promesse stellari d’invincibilità e che mantiene sempre i piedi per terra. Campione di BJJ è chi è più forte, NON chi è più bravo a raccontare storielle. Allo stesso modo nella vita si dovrebbe imparare a valutare le affermazioni roboanti di chi abbiamo di fronte, e sempre in base ai risultati: vado a imparare a vendere da un venditore eccezionale, che ha decenni di successi lui in proprio e che poi si dedica alla docenza, oppure da un bravo attore, ottimo nel vendere se stesso ma che non ha mai piazzato manco un bottone?
Nelle arti marziali i venditori di fumo sono la stragrande maggioranza. Invece di scassarsi con omoni incacchiati per decadi, soffrire in sala pesi e prodigarsi a corrodere dozzine di paia di scarpe da running, i nostri bei PNLari della difesa personale, cioè gente adiposa che di suo non ha mai combattuto in vita sua, si definisce detentrice di un  “metodo infallibile ” e oplà, ecco che t’ insegnano un qualcosa che loro stessi in prima persona non hanno mai voluto né potuto applicare. A quel punto l’adesione al messaggio “illuminato” diventa una questione irrazionale, di fede o autoconvincimento che dir si voglia, e qualunque prova contraria diventa lesa maestà, eresia verso il Grande Guru che ha portato la Luce.
Se prendete un fulminato della PNL e simili oppure uno delle arti marziali “tradizionali” avete un quadro psichico identico:
un convertito.
Qualcosa gli è entrato dentro e lo ha reso schiavo di un programma. Magari nella sua vita ordinaria è un normale vicino di casa e padre di famiglia, ma se gli tocchi la sua setta marziale/di marketing e il di lei profeta, ecco che il Sig. Rossi perde i freni inibitori e si accende come uno zolfanello. Antichi lignaggi orientali di superuomini che ne ammazzavano a decine solo con un dito, o mitologiche descrizioni di fantasmagoriche tecniche per indottrinare il cliente non vi sembrano tragicamente simili?
Al maestrone-minestrone tradizionaloide e al public speaker della formazione interiore andrebbe chiesto: perché se sei tanto bravo non lo applichi quello che predichi? Se sei così letale come dici, perché non diventi miliardario e leggendario con 2 o 3 Ko fulminanti? Perché non fondi un’azienda multinazionale tua, invece di vendere corsi per imparare a vendere? La risposta è ovvia, ma purtroppo l’ Homo Sapiens si culla nelle fantasie e finisce per credere a quello che vuole invece che alla nuda realtà che ha davanti agli occhi.
La caduta nei metodi recessivi o manipolatori, quelli che fanno leva sull’irrazionalità, è spesso assai rovinosa. Le vittime finiscono in un vortice di abitudini e vincoli dal quale è via via più difficile uscire. Più che da cliente-convertito diventa parte in causa e ascende i ranghi dell’organizzazione, le implicazioni della sua vita con la sétta sono sempre più coinvolgenti.
Finisce per avere così tanto da perdere che la presa di coscienza della profonda inutilità (e malvagità) di quello in cui così fortemente ha creduto per così tanto tempo diviene troppo dolorosa.
Così come nel platonico Mito della Caverna gli abbindolati uccidono lo snebbiato che li voglia destare, altrettanto avviene nel due campi descritti. In psicologia si chiama Dissonanza Cognitiva, cioè negare l’evidenza perché prova del contrario di quanto sinora creduto e, troppo dura da accettare.
L’ideologia del BJJ è la seguente: non esistono tecniche miracolose apprese senza sudore e sforzo, la bravura deriva unicamente dalla giornaliera applicazione sul campo di ciò che si è appreso nella teoria. Paragonando le due discipline, potremmo dire che la tecnica appresa in aula ha valore solo se si dimostra efficace nel combattimento/vendita, ma in sé è sterile. Cosa vale memorizzare diecimila leve articolari o pattern di vendita se poi, dal vivo, uno non compiccia una mazza?  Nulla di nulla!
Nel BJJ  e nelle arti sorelle ci celiamo dei fasulli maestroni delle “arti mortali”, pavidi borghesi che non sanno tirare un ceffone ma che con prosopopea si permettono d’insegnare ad altri a farlo. Grassi come pinguini o macilenti come deportati, i “maestri” avidamente aspettano il pollo da infinocchiare per resettargli il cervello. Una volta che ne si sia carpito il subconscio se ne fa di lui uno schiavetto, e sarà durissima ripescarlo (chiedete ai deprogrammatori per ex membri di sette esoteriche). I metodi per far questo sono sempre i medesimi, da millenni: grande scenografia, presentazioni affascinanti, voce suadente e una ridda interminabile di affermazioni indimostrabili e spesso anche inutili. “Il nostro stile è il più antico” oppure “Non siamo mai stati sconfitti!“, “Generiamo un’energia impossibile da contrastare“, “Lo studiano TUTTi i servizi segreti!” e daje de cannone, a chi le spara più grosse. Naturalmente ogni razionalità è bandita, e le evidenze della realtà negate senza pudore. La semplice ovvietà che in NESSUN CAMPO dello scibile si va a imparare da chi una certa cosa non la sa fare con perizia, che il pane lo insegna  fare il fornaio e non il venditore di corsi per la panificazione che non ha mai visto un forno, va a farsi benedire.
Io insegno BJJ perché ne ammiro l’efficacia in combattimento e soprattutto per via del fatto che la sua onestà si fa largo nell’animo, e insegna a noi jitsuka l’evoluzione della coscienza. Dal tatami i praticanti di lungo corso trasferiscono questa superiore consapevolezza nella loro esistenza al di fuori della palestra, e non di rado finiscono per divenire, adusi come sono più della maggioranza alla disciplina, a sopportare la sofferenza fisica e a riconoscere a occhio i veri uomini nel mucchio, a validi membri di quella minoranza dell’umanità che basa la vita sull’essere utili per se stessi e per il loro prossimo. L’abitudine costante a confrontarsi coi propri errori e manchevolezze - chi lotta molto, perde spesso -gli insegna a diventare un pochino più saggi e meno proni alle nenie dei pifferai magici. La preparazione a confrontarsi fisicamente (ma senza garanzie di invincibilità, occhio) con uomini di tutte le taglie dimensioni, dà la calma e la presenza di spirito sotto pressione, e ci insegna la fiducia in noi stessi. A un certo punto l’esigenza di difendersi in una rissa svanisce come il suono di una lontana risacca e rimane solo la ricerca di sé, l’avversario di sempre.
Lottare è divertente, crea un fisico forte e agile al contempo, non scassa i connotati, ed è accessibile a tutti senza distinzioni di età o talento. Come alternativa alla comune sala fitness è cent’ori e mi sento di consigliarlo a chiunque. Non per nulla a caso le grandi civiltà classiche, dalla Valle dell’Indo al Mediterraneo Greco-Romano furono civiltà di lottatori prima che di poeti, filosofi e scienziati.
A presto sul tatami!
 Mario Puccioni

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