lunedì, aprile 23, 2012




PERCHE' E' SEMPRE UNA QUESTIONE DI STILE


Stile.

Questa parola ha assunto una gran diffusione nel nostro lessico, non lo si può negare. Nel pittoresco mondo delle arti sciroccato-marzialoidi di solito prende un significato opposto alla sua originale radice semantica, e cioè i fossilisti inani pretendono di contraddistinguersi dai pari loro nell'adesione (più o meno convinta) più cieca et assoluta degli altri all'insegnamento del loro supermaestrone, a sua volta unico depositario del sapere di un qualche messia marziale del subcontinente asiatico etc.

Stile deriva da stilus, dall'arma ma in generale da un oggetto acuminato. In senso traslato significa ciò che ci differenzia, e quindi è perfettamente stilistico colui che faccia di tutto per distinguersi da ciò che gli è stato inculcato, non diventare una fotocopia umana. Compito di ogni insegnante in buona fede del mondo sarebbe puntare a che ogni suo discepolo lo superasse e creasse il suo "stile", che però NON significa per nulla che l'adepto si debba inventare nuove e fantasiose mosse esotiche prese dal mondo animale e altre bestialità del genere! 

Una delle ragioni che più mi fanno disperare della possibilità che la razza umana sopravviva, e lo sapete bene, è la sua innata, conclamata capacità di farsi prendere per il culo. Noi mammiferi abbiamo bisogno di una forte capacità di adattamento e ricezione di informazioni per sopravvivere, e questa nostra abilità di 'creder' purtroppo ci condanna a subire le astute manovre appecoranti di chi le falle della psiche umana ben conosce. Pertanto bugiardi e abili parlatori prevarranno sempre miliardi di volte sui cercatori di verità, e questo come specie -io temo- ci condanna all'estinzione, ma andiamo avanti.

Sviluppare il proprio stile, nel Jiu-Jitsu e in generale laddove si ricerchi una verità al di là delle affermazioni roboanti dei furbi, sta a dire che si procede dalle orme di chi ci ha preceduto e c'insegna la via, per poi aprire un nostro sentiero, distinguersi per scelta esistenziale. Non si tratta però di quel bisogno di originalità a tutti i costi che indemonia i borghesotti piallati dalla globalizzazione, tutt'altro. Lo potrei paragonare al desiderio del membro sano di una squadra ben oliata di offrire il suo contributo specifico al successo globale.

Quando si dice che una persona "ha stile", si capisce che ha savoir faire, che ha quel qualcosa in più nel muoversi, parlare e comportarsi che lo rende ammirevole agli occhi degli astanti. Ecco, in questo senso io punto a che tutti i miei allievi abbiano un sacco di stile, che siano loro stessi nel fare Jiu Jitsu, nel senso di essere belli a vedersi ed efficaci nel muoversi, adattando profondamente il gioco alle loro personali caratteristiche psico-fisiche ma NON perdendo la bussola e andando a cercare quelle giochesse fasulle che in realtà esprimono un lato guascone e finto dell'ego esteriore.

Un vero appassionato di BJJ sa che un forte lottatore mette in opera le stesse posizioni di una cintura bianca, solo 100.000 volte meglio, e che un vero campione lo si riconosce per quel suo non-so-che, per quella leggiadria e potenza che ha trovato dentro di sé e che lo rendono riconoscibile, non nelle invenzioni astruse.

Io ho attraversato molte 'fasi' nel mio decennale viaggio nel mondo dell'arte suave e al momento credo di aver sedimentato un MIO modo di lottare che mi è precipuo. A ogni allenamento chiedo ai miei atleti di copiare Mario nei minimi dettagli, come ogni insegnante che passa delle informazioni a cui tiene,  e poi di dimenticarselo, nel senso di cercare quel loro gioco, quella loro interpretazione del lottare che sgorga dal cuore. Arrivare a sviluppare un proprio stile è compito di ogni jitsuka, soltanto che è un'operazione ardua e che richiede un sacco di tempo, e molti abbandonano la pratica ben prima di aver capito quanto non sanno.

Il Jiu Jitsu, si dice, incomincia per davvero a cintura nera, ma purtroppo come metodo di combattimento è talmente efficiente che trae in inganno e finisce che fighters fortissimi non arrivino mai a riceverne tutti i vantaggi da esso perché credono di averlo capito in toto quando invece sono ancora alla superficie.

Io molto socraticamente so di non sapere, ricevo continuamente dure lezioni in allenamento e questa meravigliosa sensazione di vertigine, di essere solo all'inizio di un viaggio forse infinito, mi motiva allo studio quotidiano di questa arte-galassia. Ho imparato quel che so dai miei insegnanti ma io non sono loro, ho la necessità di trovare il mio bandolo della matassa e per fortuna: potrò praticare Jiu Jitsu tutta la vita con il senso di stupore e scoperta che solo i bambini hanno.


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