giovedì, settembre 15, 2011




IL JIU JITSU E IL SUO LIGNAGGIO


A molti la famiglia Gracie sta proprio sull'anima.

In effetti questi boa costrictor carioca ben poco han fatto per rendersi simpatici. Son boriosi quasi tutti e se la tirano anche. Sì sono forti, sì hanno fatto la storia delle arti marziali, sì hanno creato le moderne MMA e va bene, si dice, però un poco di umiltà ci sembra che sarebbe necessaria. Inoltre aggiungiamoci l'antipatia che i vincenti sempre s'attirano e abbiamo fatto il quadro.

I gusti son gusti, ma quello che sfugge ai più è il contesto culturale in cui certe manifestazioni ed esternazioni debbono essere inquadrate. Il Brasile dell'epoca in cui il DNA del BJJ si sedimentò era molto diverso dallo sfigato Occidente contemporaneo. Era un paese ancora attaccato alla morale di tipo coloniale, quella dove un uomo deve fare il macho (duro coi maschi e cavaliere con le femmine), dove la parola è un contratto e dove il coraggio è stimato. Quindi tutto il contrario dei nostri amari tempi.

Sia quel che sia, la propaganda e i metodi in cui i fratellini Gracie si affermarono nel grande paese sudamericano erano adeguati al contesto, e se a molti dei nostri contemporanei appaiono soltanto roboanti e gradassi, è perché la lettura è sbagliata.

Interpretare l'ardire come arroganza, la coesione familiare come settarismo, la difesa del proprio maestro come esclusivismo e così via è abbastanza comune a queste condizioni ma è ingiusto. La colpa è di chi non studia, non si documenta, non viaggia, non impara le lingue straniere, e con la sua 3a elementare risicata pensa di saper leggere in culture lontanissime nel tempo e nello spazio. Internet dà voce a chiunque, si sa.

Io per parte mia ho impiegato 20 anni di studi personali per levarmi di dosso il condizionamento mentale impostomi da scuola e tv di regime, quella manipolazione che la società delle multinazionali ha imposto ai popoli per farne consumatori anonimi: il rispetto delle tradizioni, il culto delle proprie radici. Ora so chi sono perché so da dove vengo, e arrivando a ciò ho appreso a riverire con massima cura anche le tradizioni altrui.

La famigliola jitsuka originale rappresenta un affascinante melange di sangue scozzese, cultura ibero-coloniale e afflato samurai. Questi defunti maestri che ci guardano ora dal Valhalla, hanno a ogni piè sospinto difeso con artigli e zanne la loro tradizione combattentistica e famigliare, e questo lascito è -insieme alla meravigliosa et efficacissima sintesi marziale- il loro regalo più prezioso.

Io ripeto come un disco rotto a chi ha la pazienza di ascoltarmi che il Jiu Jitsu è molto di più che un mero sport, è un'arte evolutiva della persona umana integrale. Imparare a sentirsi parte di un lignaggio è fondamentale. Nel coltivare se stesso a tutti i livelli, il lottatore impara anche a fuoriuscire da quell'isolamento animico che ci ha imposto la globalizzazione, e a reimpossessarsi del collegamento col proprio gruppo d'elezione (cioè scelto e non genetico).

"Nell'idea va riconosciuta la nostra vera patria. Non l'essere di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l'essere della stessa idea è quel che oggi conta."
(Julius Evola)

Ogni volta che un anello si unisce a un altro la catena si rafforza; la sensazione di essere membro di qualcosa di grande e valoroso, che attraversa i secoli e che aiuta le generazioni nelle ère, è un potente strumento per chi ne sia cosciente e l'adoperi. Sapersi parte di un gruppo, e portatori nel nostro piccolo di una scienza sacra, è formidabile.

Un vero artista è innamorato della sua Musa, sviluppa un'intensità psichica rispetto alla sua arte che è del tutto sconosciuta allo sportivucolo da diporto. Come diventare veri amanti di un ente se non lo si conosce e lo si rispetta anche nella sua storia? Riconoscendo le proprie radici artistiche si riscopre un lato poderoso di noi stessi, ricordiamocelo.

A me piace pensare di essere quell'anello, quel pezzettino di acciaio che da solo sarebbe misero e inutile, ma che unito a milioni di suoi omologhi crea una forza incredibile. Pertanto invito i miei colleghi e lettori a ripensare la loro pratica e aggiungere anche questo feeling. Nel tempo, con la presenza mentale costante a ciò, i risultati saranno sbalorditivi.

"La tradizione non [...] può venir acquistata in eredità; e se la volete possedere, dovete conquistarla con grande fatica." 
(Thomas Stearns Eliot)


4 commenti:

cortobraccio ha detto...

Scozzesi?
Ma davvero?

Non è che ne abbiano tanto i lineamenti....forse se ne fregeranno in linea di discendenza,ma i Gracie sono proprio classicamente brasiliani:un gran melange dove c'è dentro tutto ed il contrario di tutto,ed una certa componente latina mi sembra preponderante(almeno nel aspetto fisico).

Il che non è in se un male,anzi,personalmente il sangue misto mi sembra norma coseguente il contatto fra popoli.

Ovvio poi che si cerchino e valorizino le proprie origini.
Se sono contenti di sentirsi scozzesi.....vaboh,buon per loro.....ma scozzesi molto alla lontana,per essere plausibili,eh!

Mario Puccioni ha detto...

Cortobraccio,

la discendenza scozzese dei signori jitsuka è nota, il nome te la dovrebbe rendere ovvia da subito. Nelle generazioni poi si sono diluiti nel mare magnum del misto brazileiro, ma Helio e Carlos Sr. erano entrambi di epidermide bianco-accecante, occhi chiari e lineamenti europei doc. Il figlio Rillion è di un rosso sverzino poi celtico a palla.

Anonimo ha detto...

Sì è vero, l'orgine dei Gracie è Britannico-Scozzese.
Rickson e fratelli sono scuri, ma Helio e Carlos sr erano caucasici.

Luca ha detto...

sono pienamente d'accordo...
grazie per averlo postato