mercoledì, maggio 28, 2014

ANTICHI DETTI DEL JIU JITSU


In una faticosa spedizione alle pendici dell'Himalaya, dentro le rovine di un tempio millenario, è stata recuperata una vetusta pergamena. Ho capito essere un antico manuale di Jiu Jitsu, e dopo una lunga opera di traduzione posso riportare qui alcune fulminanti informazioni tramandate dall'autore, il venerabile sensei Pou Cho Ni.

"Braccio steso braccio preso"

"Voglio stare sotto solamente quando fotto"

"Il Jiu Jitsu è vicinanza. Lontananza significa inculanza"

"All'omone grossone gli stucco il braccione"

"Dacci oggi il nostro strangolamento quotidiano"

"Mi afferra la testa gli faccio la festa"

"Tra il dire e il fare c'è di mezzo il lottare"

"Il Jiu Jitsu è amore. Ama il tuo avversario..prendigli la schiena"

"Se da sotto la monta egli spinge, significa che lottare lui non sa. Tu tritagli un gomito, è per il bene del suo karma"

"Un vero jitsuka è pacifico, ama la pace del suo prossimo. Eterna"

"In una scuola di Jiu Jitsu la democrazia, il valore delle opinioni dei singoli è portato all'estremo e cioè alla Monarchia: uno comanda e gli altri eseguono"

"Se te vai a menà, porta du' sacchi: uno uno pe' dalle e uno pe' pijialle"

"Perché ci alleniamo col gi? Aggrovigliarci con omacci nudi, sudati e pelosi, è contro il nostro elevato senso estetico"

"Contro più avversari uso il Beretta-Do"

"Ogni discussione filosofica, ogni diatriba religiosa o sociologica può essere risolta tramite la formula PROIETTA-PASSA-FINALIZZA"