giovedì, marzo 16, 2006



Arti da combattimento?

Il concetto di arte marziale ha subito una transizione semantica, una mutazione del significato, e al giorno d'oggi si è adattato alla nostra società. Ciò perché dall'introduzione della armi da fuoco si verifica la condizione per la quale un borghese col fisico alla Maurizio Costanzo dotato di un revolver può annientare un guerriero professionista ma disarmato. Il concetto è dunque passato da 'insieme di principi e metodi che regolano la formazione di un membro della casta guerriera ai fini del combattimento' a: 'diversivo ludico-sportivo per borghesi spezzati nell'animo che non combatteranno mai'.

Insomma, le nobili arti di Marte sono per la stragrande maggioranza appannaggio di un variopinto popolo di tizi che, presi da fisime spirituali o da veri e propri complessi di inferiorità, si sono creati le loro arti PSEUDO-marziali. E' ovvio che una ristretta minoranza riesce sempre a trarre qualcosa di buono, di sano, anche da sistemi in sé inefficaci, ma ciò risulta ovvio quando i numeri di queste pseudo-arti sono notevoli; sarebbe come portare quale prova dell'efficacia in combattimento del Basket la capacità di fare qualche cazzottata decente di certi suoi esponenti professionali!

Le vere arti marziali, che esistono eccome, sono invece degli strumenti volti al fine di illuminare il praticante suoi suoi limiti, e perciò il confronto reale ne è parte integrale. Senza questo scalino si ritonfa nell'accademia, nella setta degli illuminati buzzoni, nei discendenti del Grandemaestrochesapevatuttolui etc. Gli obiettvi in pratica sono veramente all'opposto, e anche i tipi umani sono completamente differenti.

Il tipo marziale cerca un arte che sia uno stile di vita, con la quale far affiorare ( a prezzo di durissimi sforzi sul tatami/ring) una natura che già presenta i tratti del Guerriero e a tentoni -per via del pattume che sommerge tutto- passa a volte dolorosi lustri a cercare dei simili con cui condividere il cammino.
Il borghese dallo spirito annacquato sfarfalleggia tra le novelle consolatorie dei cd. discendenti di Lao Tze o Musashi, si riempie la bocca di paroloni altisonanti e si nasconde dietro il 'tocco della morte', le palle di energia e bellezze consimilari; però rimane sempre un vigliacco dentro e anche se – a volte- buona persona, è quello che al momento che ne avrà la possibilità ti tradirà per salvare se stesso.
Siamo qui al concetto romano di Fides, cioè la fedeltà ai propri valori e a sé, su cui ritorneremo, concetto che riassume tutte le differenze ontologiche tra il Guerriero -colui che ha natura di Marte ed è cementato nella Fides ai suoi Dèi e loro emanazioni (Patria, Famiglia, Camerati etc.) e il vaysha, l'uomo opportunista e vile che è privo di Fides.

Quindi la differenza nei due approcci in realtà denota l'apparire su questo piano denso della realtà di anime di tipo diverso, che hanno esigenze diverse e saranno diverse anche nel destino ultramondano.
Solo i Guerrieri entreranno nel Valhalla” (proverbio norreno)

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