mercoledì, maggio 03, 2006

Allenarsi per picchiare o per sport?

Esiste ai nostri giorni un fondamentale deterioramento delle istituzioni, che subiscono una deriva totale verso la dittaura mondiale unificata, si sa. La distruzione di tutte le istituzioni e la conseguente isteria generalizzata provocano necessariamente una fondamentale incomprensione di tutte le componenti della vita umana. Il materialismo pompato a forza nelle vene del corpo sociale ha disintegrato gli anticorpi tradizionali e tutte quelle forme di saper vivere che a fatica sopravvivevano fino all'ultimo conflitto mondiale.

Siamo di fronte a un mondo di povera gente abbacinata, l'ho già detto assai, di minuscoli esseri umani triturati dal meccanismo gigante della globalizzazione. Poteva essere che il modo delle persone di confrontarsi con temi quali violenza, istinto di sopravvivenza ed educazione al combattimento ne uscisse intoccato? Ovvio che no, e quindi il moloch massmediatico ha reso incomprensibili ai più anche quelle espressioni marziali trapelate dall'orgia di pallone e racchette da tennis. Insomma, il pubblico beota non ci capisce una mazza.

Partiamo dall'assunto lapalissiano ma (purtroppo) non scontato che, essendo gli uomini mortali come tutte le creature, la violenza è costuitutiva dell'universo in cui viviamo. Non potendo occupare due uomini lo stesso metro cubo di mondo è evidente che alle brutte - è legge di natura- vengano alle spicce per procacciarsi il necessario spazio. Ne deriva la consegunte evidenza che combattere e umanità sono due realtà coessenziali.
Posto che la reazione di ogni animale alla minaccia è fuggire o reagire, si tratta di comprendere che le arti del combattimento non sono uno 'sport' inventato a capekazz' tipo il pingpong o il volano, ma una codifica e sviluppo della capacità più importante della persona umana, l'istinto di sopravvivenza.

Le arti che si confrontano con la più forte e decisiva emozione umana, e cioè la paura, strutturandosi didatticamente in maniera da insegnare come poterla affrontare, hanno una rilevanza storica e sociologica tale da non poter essere appaiate a nessun altra. Tant'è vero che le civiltà tradizionali non conoscevano la differenza nel linguaggio tra allenamento sportivo e allenamento marziale, laddove anche attività tipo le corse di cavalli avevano origine e applicazione marziale diretta. Il Guerriero in antico è il membro qualificato di una casta dedita all'uso delle armi per la difesa della Patria, e ogni seria attenzione andava alla glorificazione di cotanto individuo. Era all'epoca ancora ultrapalese che senza il Guerriero (colui che si mette in gioco e rischia le palle) il Malvagio irrompe e tutti i bei discorsini, le stoffe delicate e il gruzzolino metallico se ne vanno a lui, insieme alla vagina delle mogli/figlie e alla vita stessa del borghese pauroso.

L'ipocrisia contemporanea (progetatta a tavolino, si ricordi) vuole che il debole e untuoso -meglio se gay- borghesotto sia da idolatare, mentre sarebbe brutale colui che desidera espriemere in maniera tecnica quello che è l'istinto naturale più basico. Imparare a picchiare è sacrosanto, si è spiegato che è indispensabile per sentirsi umani davvero, e le arti da combattimento servono proprio per indirizzare tale giusta aspirazione verso lo sviluppo equilibrato della persona, facendone un membro utile della società. Chi conosce la violenza per diretto contatto spesso la evita, astenendosi inoltre dalla crudeltà tipica del debole quando ha a che fare con esseri indifesi (cuccioli, anziani, bimbi etc.).
I coraggiosi la società li deve -dovrebbe- incoraggiare e aiutare ad acquisire coscienza di sé perché tanto è ovvio che ci saranno sempre i forti e i deboli, i violenti e i timidi, e quindi la conservazione della vita umana deve andare ai valorosi, a coloro che hanno la forza fisica e mentale di rischiare la propria vita per tutti, e non ai fiacchi, altrimenti è matematico che i furbi (quelli che hanno fifa ma sanno odiare molto e imbrogliare bene) vinceranno sempre sottomettendo tutti gli altri.

Se non vivessimo in questo guazzabuglio cibernetico inquinato da scorie radiottive, con gay in parlamento e cose così, sarebbe del tutto necessario spiegare alle madri italiche quanta assoluta importanza rivesta per i loro figli l'essere presi per mano da insegnanti capaci e formati nel fisico e nella mente. La ritualizzazione in palestra della violenza, la costruzione della fiducia in se stessi tramite lo scontro fisico, lo sviluppo della resistenza alla fatica e al dolore, la normalità della nudità e la dialettica intergenerazionale sono i pilastri di ogni seria pedagogia.


La fuga verso il nulla della propaganda buonista è voluta dal regime, sveglia! Invece di avere davanti individui ben piantati, solidi psichicamente, il Nemico ambisce a rapportarsi solo con mentecatti infrociti, deboli e piagnoni, pieni di complessi e facili a qualunque suggestione televisiva.

Resta indispensabile tramandare il concetto di formazione del giovane in senso marziale, per mezzo dei veri sport da combattimento/marziali, escludendo del tutto le cd. arti marziali settarie e fasulle, create dalla società consumista anti-marziale e pacifinta che ci vuole tutti schiavi giulivi.

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