domenica, novembre 14, 2010


L'ONESTO PRATICANTE E IL CAMPIONE



Ho appena finito di guardare un match di MMA alla TV. Due stupendi atleti hanno incrociato i loro giorni dentro una gabbia, uno solo ne è uscito felice, entrambi nobilitati.


Mi riguardo i replay, godo nuovamente alla vista di azioni spettacolari, guizzi di potenza sovrumana, coraggio a palate, sudore e sangue. Mi rendo conto a tratti, preso come sono dallo spettacolo, di cosa sta davvero avvenendo davanti ai miei occhi: un miracolo. OHhhhhh…il solito Mario enfatico, buberanno gli espertoni…Sisi, protestate, ne avete facoltà. Ma avete torto, torto marcio.


Mi alleno ininterrottamente nelle arti marziali da 22 anni e mezzo, e so quello che dico. Passo ogni sera sulla materassina e so i miei limiti, come quelli della gente normale mia simile. Il livello dei due fighter in termini di velocità, resistenza e determinazione è del tutto inarrivabile per un essere umano comune, anche ben allenato. Confrontare le categorie sarebbe un insulto per i professionisti, tra i cui ranghi i veri campioni sono rari come gemme preziose.


Mi piace definirmi un onesto praticante, un appassionato che ha avuto la buona sorte di allenarsi con dei veri pro, e allo scopo di migliorare me stesso dedico tanto tempo e fatica allo studio del BJJ e di alcune discipline collegate. Di praticanti DIS-onesti comunque ce ne sono tanti, e di loro adesso non voglio discettare. Gli onesti sono la minoranza, ma sempre milioni nel mondo. Un esercito di combattenti amatoriali vive di riflesso la sperimentazione massimale che viene portata avanti dai campioni,, così come sulla mia onesta berlina sono adattate tecnologie che tanto tempo prima furono inventate per l'automobilismo sportivo d'élité.


Miracolo significa: cosa meravigliosa e difficilmente spiegabile. A certi livelli lo scontro disarmato umano esonda dalle solite considerazioni sulla borsa, la fama, gli allenamenti e le schede con i pesi, va oltre e raggiunge un punto in cui si può solo tacere e osservare con rispetto, con ammirazione silenziosa. Cosa porta un bipede come me, con 2 gambe e 2 braccia come me a superare -seppur temporanemente- certe limitazioni convenzionali della specie Homo Sapiens e assumere la facies di un Dio della Guerra? Io credo sia un insieme di fattori, dei quali il principale è un Destino. Ho la convinzione che forze cosmiche disincarnate agiscano prepotentemente nella storia e che un uomo saggio dovrebbe percepire il 'flusso' e seguire l'ordine il più possibile, riuscendo a distinguere le correnti proprizie da quelle negative. Karma, dharma, vocazione, talento, genio, son tutti concetti che affondano nella percezione che i popoli hanno sempre avuto di essere parte di un Tutto molto complesso, troppo grande per essere ricompreso dalla ragione e per tanto pericoloso, e con cui bisogna perciò cercare di entrare il meglio possibile in sintonia.


Come pesci rossi in una vasca melmosa non abbiamo sinceramente che minime possibilità di scrutare al di là della pozza in cui sguazziamo ma, ogni tanto, anche nella nostra lurida plaga scintillano istanti d'Eternità. Magari il pesce accanto a noi era distratto o troppo idiota per percepirne uno ma ciò non significa che non si sia verificato. Il Campione nel momento del suo vibrare luminoso trascende il limite umano-ittico e incarna per un breve periodo di tempo l'eterno, il grandioso. Come uno specchio riflette il meraviglioso che sta là fuori e si offre a noi per goderne e per pensare. So che qualche pesce babbeo vi cercherà di convincere del contrario, riderà di ciò che non riesce e non vuole vedere, contento della sua vita tuttopozza, impaurito che nell'essere dei semplici pesciolini ci sia dell'altro.


Il Campione è un ponte, è un telescopio per vedere più in là del laghetto e per ispirarsi a quello che c'è nel Campione e va al di là dell'uomo combattente, con le sue manchevolezze e difetti. Solo che questa realtà bisogna vederla per coglierla, come per qualunque altra realtà sistemica dell'Universo.

Nessun commento: