venerdì, aprile 02, 2010


COME INTENDO IO LA PRATICA MARZIALE



Dal titolo mi pare si capisca abbastanza che è una posizione solo mia, soggettiva.

Il Signore Buddha insegna: "Se incontri il Buddha per strada, uccidilo!", in ciò a significare di abbattere tutti gli idoli preconcetti e di affrontare le cose solo col proprio giudizio, senza mettere sul piedistallo dell'autorità apodittica niente e nessuno. Io così faccio, e fatelo anche voi con tutti e con me.

Comincerò col ribadire cosa NON è per me una pratica marziale, etimo da MARS, Dio del Combattere. Una sana e produttiva pratica marziale non contiene le seguenti cose:

1) studio e ripetizione di astruse 'forme' o kata
2) indossare strambi costumi di foggia cino-orientale
3) imitare le movenze delle bestie e atteggiare il corpo in posizioni ridicole
4) vestirsi da rambo e fare light sparring con gli anfibi
5) sfoggiare una panza come un pallone aerostatico e fingersi guerrieri
6) avere le spalle stile gruccia e dirsi "Tanto c'ho l'energia interna!"
7) blaterare di arti mortali e non fare mai guanti perché si è 'troppo mortali'
8) maneggiare alabarde e stelle appuntite
9) avere il fiato di un novantenne asmatico e "Ma in strada 2 sec e sei Ko"
10) subire valanghe di cazzotti da chiunque ma continuare a incensare il proprio Maestrone, che lui sì che li metterebbe a posto i cattivi
11) stare rinchiusi nella propria palestrina sega senza mai gareggiare però disquisendo di tutto e tutti
12) ammorbare i congiunti con la solfa delle arti 'segrete' e che passano solo di prescelto in presecelto
13) fantasticare di quando la tale arte fossile (tradizionale) era fortissima mentre ora è inutile per mero degenero e mancanza di 'fede'
14) sbrodolare assurdità sui punti di pressione e il "tocco della morte"
15) qualunque atteggiamento di prosternazione, soggezione mentale e ridicolo assoggettarsi a sétte e gruppi di manipolazione psicologica, che abusano della persona umana

La mia pratica marziale è quella dell'uomo libero del mondo grecoromano, del civis. Areté, eccellenza, migliorare se stessi.

Si pratica per stare bene e in forma, per avere un aspetto atletico e socializzare con gente degna di nota, per condividere valori virili e sani. Si pratica per imparare a combattere, consci che l'arte/sport non potrà MAI riprodurre in allenamento la temperie emotiva e l'imprevedibilità situazionale di uno scontro reale. Si pratica per crescere emotivamente, e sapendo che non v'è crescita alcuna senza lo scontro-incontro (sparring non collaborativo e gare). Si pratica per imparare sempre cose nuove, edotti sul fatto che nulla è per sempre e che tutto muta, Panta Rei.

Si pratica sul tatami/ring per perdere molto, da gente forte. Perché solo chi perde spesso essendosi impegnato al massimo, sa a che punto LUI è arrivato e dove deve andare poi.





2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo post ! complimenti !
Jacopo

claudio ha detto...

seguirono ore ed ore di applausi... Grande Mario.