SARA, LA MAMMA OLIMPIONICA
Belle storie, ricche di significato, mi piace parlarne.
Storie edificanti come quella di Sara McMann, la trentenne statunitense ex medaglia d'argento olimpica nella Lotta Stile Libero.
La prode donna è sopravvissuta a un incidente mortale in cui ha perso il boyfriend, si è rimessa dai danni e ha vinto l'unico metallo pesante della storia USA. Ora questa neomammina ha deciso che è stufa di arbitraggi incomprensibili e passa alle MMA.
Posto questa storia di successo e caparbietà non solo e non tanto per stimolare l'ammirazione per la personaggia, ma piuttosto per significare come le discipline di combattimento professionistiche diano talvolta a questi atleti degli sport no-profit la valvola di sfogo, la via di fuga per una potenziale sopravvivenza economica oltre gli avari cerchi di Olympia. Il circo dei mezzi matti delle MMA, che fa così storcere il naso a tanti puristi delle 4MA [four magic arts] si rivela una spalla provvidenziale su cui appoggiarsi, specie in tempi di crisi in cui gli anni duramente spesi dietro alle arti funzionali sono mandati al macero dalle istituzioni globalizzate antinazionali e antieroiche per definizione, che lasciano gli atleti smobilitati con la concreta prospettiva di trovarsi poveri e disoccupati.
Il futuro a mio modo di vedere sta proprio nella sinergia amatorialità-professionismo, l'una vivaio dell'altro che funge da incubatrice, un'accoppiata produttiva nel narco-mondo dei pallonari attori.
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