ERICH RAHN, ossia
IL JIU-JITSU
AI TEMPI DEL KAISER
Ho illustrato a voi pazienti lettori come il Jiu-Jitsu conquistò le Americhe del Sud e del Nord, la Gran Bretagna e la Francia. C'è solo una grande potenza dell'epoca di cui manca di svelare il segreto fidanzarsi con l'arte della cedevolezza: la Germania.
Fu un bambino berlinese entusiasta e rissoso a portare il JJ nel Reich germanico guglielmino, si chiamava Erich Rahn e alla fine del XIX° secolo aveva un babbo ricco e potente commerciante in Asia, tanto da ricevere a casa sua l'ambasciatore imperiale nipponico in persona per cena.
Il piccolo Erich s'azzuffò coi marmocchi dell'alto papavero giappo in visita, e ne uscì altamente umiliato. Chiese cosa permettesse a quei nanerottoli gialli di batterlo così duramente e la risposta fu: la tecnica del Jiu-Jitsu.
Memore del segreto rivelatogli, Erich si pose alla caccia di un mentore e -ricco com'era, io presumo- riuscì a trovarne uno tempo dopo, nella persona di Katsukuma Higashi.
Nell'imperversare della moda della "lotta giapponese" anche questo esperto (appartenente alla scuola Hozan-Ryu) aveva tentato la fortuna in Occidente. Sondati i mercati USA a suon di sfide, aveva percorso a ritroso il cammino del sole ed era atterrato appunto in Germania. Dopo alcuni anni di studio quotidiano il giappo si dissolse ed Erich intanto si impose nel suo paese come suprema autorità del Jiu-Jitsu.
Nel 1906 aprì la prima scuola ufficiale dell'arte sul continente e scrisse manuali, vinse scontri con pugili e lottatori in quantità, e si distinse per essere stato incaricato, primo in Europa, quale istruttore ufficiale di forze di polizia. Diffuse una sua versione dello sport in tutti i paesi di lingua alemanna, e contribui enormemente all'accettazione dalle sue parti delle arti marziali orientali quali roba seria e pure combattetente, sul serio.
Che poi le cose cambiassero e le arti diventassero NON-combattenti o "tradizionali", in barba ai samurai che le avevano portate ovunque e diffuse a furia di mazzolate nei denti, questa -miei cari amici- è un'altra triste storia.
IL JIU-JITSU
AI TEMPI DEL KAISER
Ho illustrato a voi pazienti lettori come il Jiu-Jitsu conquistò le Americhe del Sud e del Nord, la Gran Bretagna e la Francia. C'è solo una grande potenza dell'epoca di cui manca di svelare il segreto fidanzarsi con l'arte della cedevolezza: la Germania.
Fu un bambino berlinese entusiasta e rissoso a portare il JJ nel Reich germanico guglielmino, si chiamava Erich Rahn e alla fine del XIX° secolo aveva un babbo ricco e potente commerciante in Asia, tanto da ricevere a casa sua l'ambasciatore imperiale nipponico in persona per cena.
Il piccolo Erich s'azzuffò coi marmocchi dell'alto papavero giappo in visita, e ne uscì altamente umiliato. Chiese cosa permettesse a quei nanerottoli gialli di batterlo così duramente e la risposta fu: la tecnica del Jiu-Jitsu.
Memore del segreto rivelatogli, Erich si pose alla caccia di un mentore e -ricco com'era, io presumo- riuscì a trovarne uno tempo dopo, nella persona di Katsukuma Higashi.
Nell'imperversare della moda della "lotta giapponese" anche questo esperto (appartenente alla scuola Hozan-Ryu) aveva tentato la fortuna in Occidente. Sondati i mercati USA a suon di sfide, aveva percorso a ritroso il cammino del sole ed era atterrato appunto in Germania. Dopo alcuni anni di studio quotidiano il giappo si dissolse ed Erich intanto si impose nel suo paese come suprema autorità del Jiu-Jitsu.
Nel 1906 aprì la prima scuola ufficiale dell'arte sul continente e scrisse manuali, vinse scontri con pugili e lottatori in quantità, e si distinse per essere stato incaricato, primo in Europa, quale istruttore ufficiale di forze di polizia. Diffuse una sua versione dello sport in tutti i paesi di lingua alemanna, e contribui enormemente all'accettazione dalle sue parti delle arti marziali orientali quali roba seria e pure combattetente, sul serio.
Che poi le cose cambiassero e le arti diventassero NON-combattenti o "tradizionali", in barba ai samurai che le avevano portate ovunque e diffuse a furia di mazzolate nei denti, questa -miei cari amici- è un'altra triste storia.
2 commenti:
complimenti per il tuo Blog. molto molto interessante. Saluti Marziali.
Ciao Piercarlo, grazie del supporto.
Saluti altrettanto marziali,
Mario
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