lunedì, gennaio 04, 2010


VACCI PIANO, RAGAZZO
Una delle cose che mi affascinarono subito quando mi misurai per la prima volta con dei praticanti di Brazilian Jiu-Jitsu, fu la calma e la compostezza con cui gestivano la mia irruenza di peso massimo in piena forma.
Per l'aver io studiato intensivamente arti interne taoiste da molti anni, credevo di saper esprimere forza e ritmo con morbidezza, ma mi sbagliavo. Ci vollero le prime finalizzazioni subite da gente di 20kg più leggera di me per svegliarmi. Un duro buongiorno mi fu dato da ragazzi che avevano solo pochi mesi di BJJ sulle spalle, una supremazia tecnica che a priori ritenevo impossibile finché non la provai in prima persona.
Negli anni che seguirono a quelle giornate ho continuato a ricercare metodicamente quella morbidezza, e ho attentamente studiato il modo di muoversi dei migliori professionisti, i quali invariabilmente sono delle anguille di gomma. Il lottare nella massima decontrazione periferica possibile (braccia, gambe, dorsali etc) dando la priorità al centro (zona pelvica), consente al serio ricercatore di sviluppare nel tempo una grande sensibilità tattile estesa a TUTTO IL CORPO, miliardi di parsec al di là del 'tocco sensibile' delle arti cinesi, e farlo nello sparring fronteggiando avversari più grossi e forti consente poi di saperlo applicare a situazioni reali, niente di simile ai giochini con le mani di tipo prestigiatorio visti altrove.
Il JU del Jiu-Jitsu è anche quello, rilassarsi sotto pressione per quanto possibile e 'giocare' col nostro opponente, dando modo al nostro sistema nervoso di decodificare la direzione dell'espressione di forza a cui siamo sottoposti, così da intercettarla e accompagnarla sempre e mai opporglisi con la durezza di un'irrgidimento muscolare uguale&contrario. E' quello che nelle academìe brazileire dicono "divagar", cioè fare piano, andarci calmi, scivolare con classe felina intorno al nostro avversario, e tutto ciò dunque per puri scopi tattici finalizzati al combattimento reale.
Un grande esperto dell' Arte Suave [morbida] lo si riconosce anche in mezzo a decine di coppie intente a lottare, è una gioia per l'occhio allenato alla tecnica. Il vero maestro di BJJ possiede spesso molta forza ma evita di mostrarla esteriormente, si aggira intorno agli attacchi/difese di un onesto praticante come il gatto col topo: passo leggerissimo ma zampata folgorante. Averci a che fare è di solito assai frustrante, sembra di lottare con un mago che ti legge nella mente, sei sempre in ritardo sulla sua contro-tecnica, e più potenza ci metti peggio ti trovi ribaltato e ingabbiato in finalizzazioni.
Il JIU-Jitsu si basa proprio sul paradosso che il "morbido" batte il duro, ma per scoprire questa verità è indispensabile lasciare l'Ego nello spogliatoio e scendere sul tatami del tutto disposti a 'cedere', a danzare nella lotta senza voler sconfiggere a tutti i costi il nostro partner di allenamento. Bisogna FARE PIANO, andare lento e rilassato in tutti i momenti dell'allenamento, e capire che senza questa attitudine psico-fisica non si fa Jiu-Jitsu bensì GO-Jitsu, un suo alter ego muscolare e rigido, incapace di darci la vittoria in uno scontro reale.
Una grande differenza quella nella leggerezza di movimento, che contraddistingue a colpo d'occhio l'esperto di BJJ dalla maggior parte di quelli di altre arti lottatorie, a parole anch'esse basate sulla scioltezza ma spesso in realtà ben più fondate sull'esplosività pura. Nulla a caso:tutto infatti nel BJJ è rivolto a sviluppare JU: dall'uso intensivo del GI(kimono) al regolamento di gara sino alle metodiche di apprendimento base. L'idea maestra che il Jiu-Jitsu serva per avere la meglio in scontri reali ha creato la 'fissazione' per questa morbidezza: è infatti impossibile vincere di forza con avversari più alti e grossi di noi, situazione che si verifica sempre nella 'difesa personale', non dimentichiamocelo.
Tutti i giovani (ma non solo) ben carburati a livello di ormoni trovano complicato restare concentrati e si lasciano andare a battaglie campali coi loro partner di lotta, è un fatto universale e si sa, epperò è indispensabile non lasciar campo all'istintività e incanalare le balde energie nella più vincente di tutte le tipologia d'espressione della forza: quella spirialiforme, avvolgente, quella morbida.
Vince chi vince se stesso, questa è la morale del BJJ; per vincere se stessi bisogna prendersela con calma, stare rilassati e ascoltare quello che il nostro corpo/cuore ci dice con sussurro nel fragore emozionale della lotta. Nella quiete dello spirito il combattente trova la pace, sviluppa la propria persona con la cura che un dovizioso giardiniere pone nella tenuta dei suoi germogli. La paura rende rigidi e incapaci ad adattarci, la tranquillità invece ci dà la possibilità di trovare le risposte. Soltanto quando si comincia a fare sempre piano, a smetterla di preoccuparci solo di aver "vinto o perso" il round di sparring emergono i segni della palingenesi, e infatti il BJJ è propriamente un'arte marziale: per mezzo dello scontro/incontro con l'altro insegna a migliorare se stessi, tramite il combattimento CON SE STESSI.


( dal min 1.58)








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