sabato, gennaio 16, 2010


LA SOLITUDINE DEL COMBATTENTE

«Un Anello per domarli,
Un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli
e nel buio incatenarli.»


Cosa vuol dire combattere in senso agonistico-marziale l'ho vociato all'infinire. Cosa significhi in senso di "difesa personale" anche, e ne ho denunciato l'uso ingiusto e abusivo da parte di truffatori marziali e di ignoranti in buona fede.

Ma in senso più generale, nella vita, cosa sta a significare questo verbo ?

Deriva dal Latino cum battuere: farsi battaglia, dare contro qualcuno o qualcosa, opporsi con tutte le forze.

Indi per cui il senso della parola è assai ampio. Da un certo punto di vista si combatte qualcosa (o qualcuno) allorquando non si accetti lo status quo iniquo, le vessazioni e le malversazioni, i giochi di potere fatti sulla nostra pelle, la malvagità e le sperequazioni, la viltà. Quando ci comportiamo da veri esseri umani, alla fin della fiera.

Combattere infatti a chiunque suona molto diverso da: aggredire, assassinare, violentare, bombardare e via discorrendo. E' un etimo che di per sé a tutti noi sa di nobile -sicuramente intriso di durezza e per certuni anche di sangue- e corretto. A freddo nessuno infatti paragona il combattente al prepotente, già d'istinto lo classifichiamo tra i Buoni.

E perché dunque tanto pochi sono i 'combattenti' rispetto ai prepotenti? Perché il povero mammifero bipede è di solito (nel numero ma anche nella maggioranza dei casi della vita di un singolo) un piccolo animale egoista, tutto preso dal realizzare il suo ristrettissimo orizzonte dei desideri, incapace insomma di essere più umano che umanoide.

Combattere significa dunque fare un qualcosa che per noi è diverso dalla maggior parte delle azioni, diverso dal gruppo. Opporci al male, dentro e fuori di noi, è così duro e faticoso che quasi non ci ricordiamo che sia possibile. La triste realtà è che fare il male conviene in questo mondo, almeno sul momento e almeno nel senso del puro istinto bestiale.

Se però consideriamo quanto detto sopra, che il combattere la nostra pigrizia, la nostra debolezza, la nostra meschinità sia in realtà quanto di più umano si debba e possa fare, ci rendiamo a razzo conto del perché i combattenti di mestiere, e non parlo affatto soltanto dei fighters, siano da una parte tanto odiati e da un'altra così idolatrati.

Combattere la nostra natura inferiore porta inveitabilmente all'isolamento. Il branco percepisce "di panza" il singolo che si differenzia dalla sua turpitudine e lo teme, lo ghettizza. Una parte della psiche molto remota di costoro però oscuramente sente qualcosa e magneticamente ne è attratta. Succede che quindi i combattenti da vivi ricevono l'opposizione della massa, e poi da morti finiscono magari su un libro di storia o stampigliati su dei santini.

Niente che avesse valore nella umana tragedia è mai stato realizzato senza combattere, dai ponti agli imperi, dalle famiglie solide alle guerre cosmiche. Ed è giustappunto questa la primissima ragione per la quale i Padroni del Mondo ostacolano e marginalizzano con precise direttive e censure tutte le forme di leale combattimento concepibili.

Non fare la cosa sbagliata, quella che intimamente sappiamo che è sbagliata, pesa. Ci dobbiamo preparare a subire il privilegio dell'opposizione fattaci da persone e istituzioni scellerate ogni santissima volta si sceglierà di guardare oltre il 'facile' e l'animalesco.
Dunque invito i miei lettori che riflettono sul corso della loro vita e ricercano arti per rendersi migliori NON agli occhi degli altri ma ai propri, di indossare con onore la casacca dell'irregolare, dell'incompreso perché non intruppato, del libero uomo senza padroni (e né sètte o maestri-guru), di sentire che quella interiore solitudine che provano è profumata di Gloria.

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